|
|
PUER NOBIS DATUS
“Un Bambino è nato per noi,
(Isaia) La devozione al Santo Bambino Gesù è l’ultima delle devozioni cristologiche di cui daremo conto. Gesù, sebbene ora sia nella Gloria adulto, non essendo più vincolato alle leggi del tempo, può ritornare ogni volta che vuole nelle altre fasi della Sua Vita terrena, che tutta è glorificata in Lui. Il Suo stato d’infanzia è dunque ancora presente in Cielo; Lui stesso si mostra come Bambino più volte alle anime privilegiate che contemplano i misteri della Santa Sua Puerizia; il Mistero della Redenzione, iniziato con l’Incarnazione e di cui l’Infanzia di Gesù è parte integrante, è continuamente ricapitolato nell’Eucarestia; in ragione di ciò, possiamo dire che Gesù Bambino è ancora presente sia in Cielo che in Terra. Del resto, Gesù, sin da Bambino, era consapevole della Sua Missione salvifica a causa della scienza che veniva infusa nella Sua Umanità dalla Sua Divinità nel vincolo ipostatico. Vediamo dunque le caratteristiche e le ricchezze di una simile devozione, peraltro assai cara a chi scrive. NATURA DELLA DEVOZIONE Nell’infanzia spiccano sempre le doti di innocenza e semplicità, umiltà e dolcezza. Tali doti brillano particolarmente in Cristo da Bambino, essendo Egli concepito nella perfetta grazia ed essendo la Sua Umanità unita alla Divinità. Tali doti non scompaiono nell’età adulta di Gesù, ma mantengono moralmente presente la Sua Infanzia in tutta la Sua Vita. In ragione di ciò, essendo l’Infanzia di Gesù sempre presente nell’Eterno Mistero del Verbo Incarnato per la nostra salvezza, la devozione ad essa appare raccomandabile e opportuna; particolarmente attraente si configura per il fatto che il Signore, come Bambino, appare più amabile di quanto Lo sia sul trono della Gloria. In tutti gli amabili misteri dell’Infanzia, Gesù è attore di salvezza e modello di virtù: lo è nell’Incarnazione, che avviene per opera dello Spirito Santo nel grembo di Maria senza concorso d’uomo, per la nostra salvezza come prodigio di carità e umiltà; lo è nella Visitazione, in cui per mezzo di Maria santifica nello Spirito Santo il precursore Giovanni Battista nel grembo della madre, per preparare il mondo alla Sua venuta, come modello di zelo per le anime; lo è nell’Attesa, in cui stette in piena umiltà e nascondimento nel grembo della Madre; lo è nella Nascita a Betlemme, avvenuta nella povertà e nel silenzio, adagiato in una mangiatoia, fasciato con poveri panni, tremante di freddo tra due animali, adorato da Pastori; lo è nella Circoncisione, in cui, ricevendo il Nome di Gesù, preluse alla nostra salvezza mediante lo spargimento paziente e doloroso di Sangue; lo è nella Presentazione al Tempio, in cui con sottomissione si assoggetta alle Leggi del Padre Suo, viene riconosciuto da Simeone e proclamato da Anna; lo è nell’Adorazione dei Magi, in cui si manifesta a tutte le Genti e riceve l’omaggio a Lui dovuto con mitezza e benevolenza; lo è nella dolorosa Fuga in Egitto, per sfuggire alla persecuzione di Erode, inerme, nonché nel Soggiorno in esilio in quel Paese, esule, e nel Ritorno da esso, faticosamente compiuto e terminato nel rifugio a Nazareth per sfuggire ad Archelao; lo è nella Vita nascosta di Nazareth, dove si assoggettò a tutti i doveri dell’esistenza umana ordinaria, crescendo in statura, età, grazia e sapienza; lo è infine nel Ritrovamento nel Tempio, quando mostra anche ai Genitori di essere il Verbo del Padre, cercato con dolore e ritrovato con gioia. La devozione alla Santa Infanzia si configura dunque come una contemplazione amorosa e imitativa della Sua splendida virtù, una apertura alla Sua grazia santificatrice particolarmente efficace, fedele al motto evangelico: Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli. Le forme precipue della devozione sono la Novena di Natale, la Coroncina della Santa Infanzia di cui diremo, il pio esercizio delle Litanie di cui pure faremo menzione, il mese di gennaio o quello di dicembre. Il cardine della devozione è la celebrazione dei misteri liturgici dell’Infanzia, ossia l’Annunciazione del Signore (25 marzo), la Visitazione (2 luglio), il Natale del Signore (25 dicembre), la Sacra Famiglia (la domenica dopo Natale), l’Epifania (6 gennaio) e la Presentazione del Signore (2 febbraio). Va da sé che tale devozione chiama a complemento quelle per Maria SS. e San Giuseppe. STORIA DELLA DEVOZIONE Il culto all´Infanzia di Gesù nella comunità cristiana risale a più di un millennio fa e il suo contenuto rimanda essenzialmente alla contemplazione del mistero della Incarnazione del nostro Dio e Signore Gesù Cristo. Il primissimo interesse per l´infanzia di Gesù è dimostrato già da san Matteo e da san Luca nei vangeli dell´Infanzia, seguiti subito dopo dai vangeli apocrifi (ad es. il Protovangelo di Giacomo [200 ca.], il Vangelo dello Pseudo- Tommaso [VI sec.], quello dello Pseudo-Matteo [VII-VIII secc.], quello Armeno [599 ca.], quello Arabo [VI-VII] e la Storia di Giuseppe il Falegname [600-650]). I luoghi dell’Infanzia furono dal I sec. dedicati al culto (la Domus Ecclesia di Betlemme incorporata nella Basilica della Natività e legata alla taumaturgica Grotta del Latte; quella di Nazareth divenuta parte della Basilica dell’Annunciazione; quella sempre a Nazareth che è legata alla Casa di Giuseppe). Sant’Elena (†330 ca.) rinvenne la Mangiatoia che è attualmente in parte a Betlemme – dove Costantino (306-337) eresse una Basilica – e in parte a Santa Maria Maggiore. Dal VI sec. a Roma sorge il santuario di Santa Maria di Aracoeli, in cui una statua del Bambinello è venerata dal XV sec., intagliata nel legno del Gethsemani e rifatta nel 1994 dopo un sacrilego furto di cui non si è venuti mai a capo. Alcuni Padri della Chiesa adorarono Dio sotto forma di bambino e rifletterono profondamente su questo mistero, come ad es. sant’Ireneo (130-202), Origene (182-254), sant’Atanasio (295-373), san Gregorio di Nazianzo (330-390), san Cirillo di Alessandria (378-444), sant’Alessandro di Alessandria (†326), san Basilio (330-379), san Gregorio di Nissa (335-394) e san Girolamo (347-420), sant’Agostino (354-430) e san Pier Crisologo (406-450), sant’Ambrogio (337-397) e san Leone Magno (440-461), San Beda (672-735), sant’Anselmo (1033-1109) e il beato Isacco della Stella (1100-1169). Fra i grandi promotori di una teologia dell´Infanzia e dell´Incarnazione troviamo san Bernardo di Clairvaux (1090-1153), san Francesco di Assisi (1182-1226), che istituì il Presepio, e sant’Antonio da Padova (1195-1231). Molti santuari medievali si contendevano l’onore di reliquie di incerto statuto teologico relative all’Infanzia di Gesù (il Prepuzio, il Cordone ombelicale, Denti da latte, su cui nemmeno Innocenzo III [1198-1216] volle pronunziarsi), come Charroux (VII sec.), Coulombs, Soissons, Anversa (XV sec.), Boulogne (XV sec.), San Giovanni in Laterano (dall’XI sec.), o altre sicuramente autentiche come Santa Maria Maggiore con la Mangiatoia. Il Prepuzion romano in ogni caso scomparve nel Sacco di Roma del 1527. Santa Gertrude di Helfta (1256-1302) e Santa Matilde di Magdeburgo (1207-1283) ne zelarono la devozione. Successivamente poi santa Teresa d’Avila (1515-1582), la quale aveva sempre con sè una statua del Santo Bambino Gesu’ nelle sue fondazioni di nuovi monasteri di monache carmelitane Scalze, ne diffuse la devozione. Fu supportata da San Giovanni della Croce (1542-1591). Così tale devozione divenne una caratteristica della famiglia carmelitana. La venerabile Margherita del SS. Sacramento (1628-1648) avrebbe ricevuto in visione da Gesù stesso la Coroncina della Santa Infanzia. Anche Sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) ebbe viva devozione per il Bambino Gesù e sulla sua scia la Compagnia di Gesù. Proprio nella Spagna di questo periodo la sottolineatura della Incarnazione di Cristo e di conseguenza il culto per la sua infanzia trovò una profonda risonanza. San Luigi Maria Grignon de Montfort (1673-1716) e Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) furono grandi devoti del Santo Bambino. In tempi recenti San Pio da Pietrelcina (1887-1968) e Santa Maria Faustina Kowalska (1905-1938) furono devotissimi della Santa Infanzia, la cui spiritualità trovò il suo Dottore in Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, detta di Lisieux (1873-1897). La devozione al Santo Bambino trova però la sua manifestazione storica più cospicua in quella verso il Bambino di Praga. Nel 1620 l’imperatore romano-germanico Ferdinando II (1619-1637) era in lotta contro gli eretici in Boemia. Il ven. padre Domenico di Gesù e Maria (1559-1630), generale dei Carmelitani scalzi, lo esortò a combattere al motto “Santa Maria!”, portando un immagine della Vergine sul petto, che era stata oltraggiata dai protestanti, e invitando a combattere per riparare tale sacrilegio. La vittoria arrise ai cattolici nella Battaglia della Montagna Bianca (8 novembre 1620) e Ferdinando eresse in Praga un Carmelo riformato e una chiesa, che il venerabile Padre dedicò a Santa Maria della Vittoria. Ad essa, per mozione divina, la principessa Polissena di Lobkowitz nel 1628 donò una statuetta di cera rappresentante il Bambino Gesù, perché vi fosse venerata (1). Tra i Padri Carmelitani il più devoto fu il padre Cirillo della Madre di Dio (1590-1675), che il Bambino guarì dalle sue gravi malattie fisiche e liberò dalle sue prove interiori. Nel 1630 ricominciò la guerra. Praga fu espugnata dai protestanti, le chiese e i conventi furono profanati e saccheggiati, i Carmelitani cacciati, la statuetta mutilata della testa e delle mani, per poi essere gettata dietro l’altare. Nel 1635 i Padri rientrarono in Praga, tra le ristrettezze. Nel 1637 tornò il Padre Cirillo e ritrovò la statuetta, le riappiccicò la testa e, pregando fervorosamente, ottenne la grazia di scongiurare l’ennesimo saccheggio di Praga. Un giorno il Venerabile sentì distintamente, mentre pregava davanti alla statua, una voce che diceva: “Abbiate pietà di Me e Io avrò pietà di voi. RendeteMi le Mie mani e vi concederò la pace; più Mi onorerete e più vi favorirò”. Il Venerabile allora constatò la mancanza delle mani e si attivò per restaurarle. Il Priore non aveva denaro. Ma dopo tre giorni Cirillo fu chiamato al capezzale di un uomo ricco che gli offrì cento fiorini per il Bambino Gesù. Ma il Priore preferì comprare una statuina nuova. Essa però, esposta sull’altare, urtando un candeliere, si frantumò, mentre il Priore morì dopo pochi giorni. Il successore avrebbe voluto dare corso al restauro, ma ancora una volta mancavano i fondi. Per le preghiere di Cirillo giunsero le offerte di una ricca e sconosciuta dama, che però furono usate per pagare certi debiti, lasciando allo scopo del restauro solo mezzo fiorino. Scoraggiato, il Padre pregò innanzi al Bambino e Questi gli disse: “Portami all’entrata della sacrestia, là qualcuno avrà pietà di Me.” Così fece e colà la statuina fu vista da un ufficiale ingiustamente degradato, Daniel Wolf, che decise di restaurarla a sue spese, portandosela a casa. Non appena il Piccolo Re entrò in quella casa, le sorti di Wolf mutarono, il processo in corso fu annullato e lui riabilitato. La statuina, con le manine rifatte, fu restituita al convento dove i pellegrinaggi iniziarono massicci, forieri di grandi grazie. Il Bambino fu detto dei Miracoli e il Padre Cirillo spasimava per un oratorio tutto per Lui. Pregando la Vergine a tale scopo, La vide tra gli Angeli e La udì dire: “Là sarà elevato un oratorio al Mio Figliolo”, additando un luogo vicino. Recatovisi, Cirillo vi scorse il tracciato di una cappella. Quattro anni dopo (1641) essa era ormai eretta. La crescita dell’afflusso dei fedeli tuttavia impose un ulteriore trasferimento, in una cappella alla sinistra dell’entrata della chiesa, costruita dal barone Ernesto di Talmberg. L’ultima dimora fu trovata nel 1741, quando la statuina fu trasferita nella seconda cappella laterale destra, in un tabernacolo di cristallo con statuette e rilievi d’oro, su ricco piedistallo, sostenuto da venti angeli d’argento e con ai lati due statue dorate di Maria Vergine e San Giuseppe. Su di esso sovrasta l’emblema dello Spirito Santo in una raggiera d’oro, con nuvole d’argento e una corona di angeli. L’altare, prima di legno, fu ricostruito di marmi finissimi rossi e grigi, lavorato da Francesco Lauremann nel 1766. In atteggiamento benedicente, la statuina ha ancora alle tempie, al collo, alle dita e alle ascelle i segni dell’odio degli eretici, oltre al segno del restauro della testa. Il Bambino è vestito di bianco con un camice, l’incarnato è bianco chiaro. E’ racchiuso in un astuccio d’argento fino ai fianchi. Due corone furono donate al Bambino dal luogotenente regio Bernardo Ignazio Martinic, nel 1651 e nel 1654; con questa la statuina fu incoronata il 4 aprile 1655 dall’arcivescovo Giuseppe de Horta. Il Bambino indossa cinque vesti: una tunica bianca, un camice bianco, una veste di seta bianca a forma di dalmatica, una quarta dalmatica simile ma più preziosa, un piviale. Nella sacrestia vi sono diciannove vesti preziose; più volte all’anno avvengono i cambi ad opera delle Vergini angeliche, le suore che hanno questo privilegio. Nella seconda domenica dopo l’Epifania Praga celebra il Bambino prodigioso. Pio VII (1800-1823) indulgenzio’ plenariamente la pia pratica delle Litanie del Santo Bambino che si fa nelle chiese ogni 25 del mese, conformemente alla prassi del Carmelo. Nel 1873 i Carmelitani furono espulsi da Praga e la custodia del Santuario passò all’Ordine di Malta. Nel 1993 il cardinale Vlk richiamò i Carmelitani e affidò loro nuovamente il Santuario. Il Beato Giovanni Paolo II (1978-2005) ha venerato il Bambino in Praga nell’aprile del 1990, nel maggio 1995 e nell’aprile del 1997; il papa emerito Benedetto XVI (2005-2013) lo ha fatto il 26 settembre 2009, donando al Bambino una nuova corona d’oro. Il culto al Bambino si diffuse ovunque nel mondo. In Italia è significativamente rappresentato dal Santuario di Arenzano.IL MISTERO DELLA SANTA INFANZIA NELLE LITANIE AD ESSA DEDICATE Contemplando Gesù Bambino attraverso questi misteri, vengono suggerite al cuore dallo Spirito quelle disposizione di fede e imitazione che le invocazioni litaniche a Lui dedicate esprimono in modo mirabile. Egli è adorabilissimo, sia in quanto Vero Figlio del Dio Vivente sia in quanto Vero Figlio di Maria, perché l’una e l’altra figliolanza sono unite nel vincolo ipostatico del Verbo fatto Carne. Appare mirabile che nelle tenere membra del Bambino si riconosca la fragile onnipotenza di Dio Figlio, che nella Umanità delicata del Bambino si contempli quanto lo Spirito Santo intessé nel grembo di Maria, che attraverso la Sua sembianza si contempli Colui Che si è fatto Uomo per la nostra salvezza. La Sua Nascita ha il sigillo dello Spirito, perché è Figlio di Maria Vergine. Egli, proprio in quanto Verbo, si mostra a noi come Sapienza del Padre Celeste, venuta a comunicarci la Vita stessa di Dio, il Suo intimo pensiero, la Sua volontà salvifica, il Suo progetto di redenzione. Si rivela, nella Sua candida fragilità, come Splendore del Padre, irradiazione della Sua Luce. Ci ammaestra in quanto Sapienza Eterna, con le Sue stesse opere. Si dona a noi come Bontà Infinita, capace di assumere nella grandezza la piccola condizione umana, che assurge così a vette inimmaginabili. Ci dona la riconciliazione quale Dio di Pace, sulle Cui spalle sarà il segno della sovranità. Questo Bambino è oggetto di eterne compiacenze, avendo il Padre deciso di ricapitolare in Lui tutte le cose e di riappacificare nel Suo Sangue cielo e terra, e quindi diviene oggetto della compiacenza devota dei fedeli. Egli, atteso dai giusti dall’annunzio ai Progenitori caduti, è l’amato bene dei devoti. Desiderato dalle nazioni che aspettano la salvezza, è il Salvatore di chi in Lui entra nel Nuovo Israele. Salutato dai Profeti con tremore, ha inaugurato i tempi in cui abbiamo la grazia di vivere. Introdotto nel mondo dal Padre, è Re degli Angeli, che lo adorano quando entra in esso e ora che è in cielo, permettendoci di aggregarci al loro eterno omaggio. Gaudio massimo, è gioia degli Angeli e degli uomini in cielo e terra. Sospiro dei Patriarchi e dei Profeti, è l’appagamento delle nostre fervide aspirazioni. Maestro dei Dottori, è il Precettore delle anime umili che imparano da Lui. Delizia di tutti i Santi, è la meta del nostro peregrinare, la ricompensa promessaci. E’ per noi modello di innocenza e purezza inarrivabile ma sempre movente verso di Lui. Ci appare amabile, ammirabile, desiderabile. Il Bambino è realmente il nostro Salvatore e il nostro fratello in umanità: con quanta gratitudine e umiltà dobbiamo contemplarlo! Nella meditazione sulla Sua Infanzia, ci colpiscono ed edificano queste cose: che abbia scelto per dimora una stalla, una mangiatoia per culla, alcuni pastori per adoratori, che i Magi lo abbiano riconosciuto per la luce e la salvezza dei popoli. Nulla nella Sua Infanzia è soverchio, casuale, inutile: la Sua debolezza è la Sua forza, la Sua piccolezza è la Sua grandezza, la Sua povertà è la Sua ricchezza; perciò, nel nascondimento e nell’abbassamento, avviene la glorificazione. Il Bambino ci appare il tesoro di grazia dal Quale tutti riceviamo, il tesoro di puro amore dal Quale tutti attingiamo con gioia e fiducia. A questo Bambino chiediamo di essere indulgente e di esserci propizio, perdonandoci, ascoltandoci e liberandoci, dalla concupiscenza della carne, dall’orgoglio della vita, dalla concupiscenza degli occhi, da ogni peccato, da ogni male, che sono lontanissimi da Lui. Lo possiamo scongiurare per la santa Incarnazione, per la dolorosa Circoncisione, per la nobilissima Nascita, per la gloriosa Epifania, per la Sua Infanzia, per la Presentazione al Tempio, per l’amore di Maria e Giuseppe, per l’amore che ha per noi, per la gloria del Suo Santo Nome, nonché per le Sue splendide virtù: l’innocenza, la semplicità, l’obbedienza, la dolcezza, l’umiltà, l’amore. CONCLUSIONE: DEVOZIONE AL VERBO INCARNATO Nelle forme verso il Sacro Cuore o il Preziosissimo Sangue, verso il Santissimo Nome o verso Cristo Re, verso le Sante Piaghe o la Santa Infanzia o la Divina Misericordia o la Passione, la devozione al Verbo Incarnato è indispensabile alla vita spirituale, in un’unione intima, affettuosa, abituale. Per Lui riceviamo i beni spirituali, siamo santificati, vivificati, benedetti. Con Lui e in Lui dobbiamo ogni onore al Padre nello Spirito. Cristo è il Capo di un Corpo che solo in Lui può degnamente omaggiare il Padre. Con Lui e per Lui possiamo chiedere sempre nuove grazie, con la massima efficacia, perché Egli sempre intercede per noi. Infine bisogna sempre compiere le nostre azioni in unione con Lui, avendoLo davanti agli occhi, nel cuore e nelle mani, ossia come modello, avendone le disposizioni, eseguendone con energia le disposizioni. Così la nostra vita sarà trasformata: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo Che vive in Me”. OPTIMUS CONSOLATOR
“Non sapete che siete tempio
San Paolo) Lo Spirito Santo è il Consolatore Perfetto, il Paraclito, promesso da Gesù ai Suoi discepoli. Dio come il Padre e come il Figlio, da Cui procede per doppia spirazione, lo Spirito Santo svolge una funzione importantissima nella nostra santificazione, effuso continuamente su di noi per il tramite dell’Umanità gloriosa del Verbo Incarnato, mediante i Sacramenti. In quanto segue parleremo degli aspetti devozionali della pneumatologia, ossia della teologia della Terza Persona della Trinità. NATURA DELLA DEVOZIONE E SUOI EFFETTI NELL’ANIMA Il principio primo della vita soprannaturale è la Santissima Trinità, causa efficiente principale ed esemplare di tale vita. Tuttavia per appropriazione si dice che è lo Spirito Santo a svolgere tale funzione, in quanto sebbene la vita di grazia è opera ad extra di tutta la Trinità, è tuttavia opera che specialmente spetta a Lui in quanto opera d’amore. Lo Spirito Santo ci santifica venendo in noi ad abitare e producendo nell’anima un organismo soprannaturale che la abilita a compiere atti deiformi. L’abitazione dello Spirito ci permette di ossequiarLo in noi, di godere della Sua presenza, di farci guidare da Lui per praticare le disposizioni e le virtù di Gesù. Questa presenza del Paraclito è la Grazia Increata. Lo Spirito abita in noi, in quanto Dio, con la potenza a cui tutti siamo assoggettati, con la presenza che tutto vede, con l’essenza che è ovunque. Ma con la Grazia è presente tale e quale come è procedente dal Padre e dal Figlio, coi Quali viene in noi. Con questa presenza lo Spirito – e tutta la Trinità – si dà a noi, come amico, collaboratore, santificatore: in una espressione come causa efficiente ed esemplare della vita interiore. Adottati dal Padre come figli nel Figlio mediante l’unione al Suo Corpo Mistico, diventiamo tali per opera della Terza Persona Divina, Che scorre in esso come il sangue. Questa vita divina ci rende partecipi, simili alla Natura di Dio, e nello Spirito non siamo ovviamente dei, ma deiformi. Una vita dunque reale e nuova, che suppone una rigenerazione dall’acqua e dallo Spirito Santo. Perciò siamo coeredi del Cristo e Suoi fratelli. Il Padre, come ha dato a noi il Figlio, così ci regala il Suo Spirito, il Suo Soffio vitale, il Suo amore sussistente che deriva da Lui e dal Figlio stesso. Questo Spirito è in noi come un amico. La nostra relazione con Lui è intima e affettuosa, familiare; lo Spirito prega in noi, ci insegna e ricorda cio’ che ha rivelato, visita la nostra anima con consolazioni, carezze e pace. Mirabile testimonianza di ciò viene dalla vita di Santa Teresa di Lisieux, della Beata Elisabetta della Trinità, di Santa Gemma Galgani. Stando in noi, lo Spirito agisce attivamente: è luce che illumina per la comprensione della verità, è forza che orienta al bene e combatte il male, è energia che pone la Grazia santificante, quella sufficiente, quella sacramentale, quella di stato, quella attuale, quella preveniente, quella concomitante e quella susseguente. Lo Spirito è il santificatore dell’anima nostra, Colui Che ci trasforma in Tempio santo di Dio, in cui abita con tutta la Trinità. Possiamo dunque adorare Dio e lo Spirito in noi. Nei confronti dello Spirito Santo – e di tutta la Trinità Che abita in noi – abbiamo dunque il dovere di camminare alla Sua presenza, attraverso sentimenti di adorazione, amore e imitazione. Adorando ci offriremo come ostie vive di lode, segneremo le nostre azioni con il Segno della Croce e le concluderemo con la dossologia del Gloria, reciteremo le preghiere in Suo onore mattina e sera e ogniqualvolta sia necessario o previsto dalla pietà (come la Novena di Pentecoste o il Rosario dello Spirito Santo con le Litanie a Lui dedicate in particolare in quella solennità), riconosceremo la nostra radicale indegnità e la nostra dipendenza completa da Lui. Amando in conseguenza di ciò, saremo pieni di confidenza filiale e incondizionata, saremo penitenti per i nostri peccati e le nostre infedeltà reiterate, saremo riconoscenti per tanto bene, saremo animati da dolce amicizia che caldeggia gli interessi dell’Amico e ne zela la gloria, saremo spinti al generoso sacrificio per seguirne le ispirazioni e i comandi. Amando, imiteremo la santità del Dio tre volte santo e del Suo Spirito Santo anch’Egli: il timore filiale di Colui Che abita in noi e prega in noi con gemiti inesprimibili ci farà fuggire la colpa, ci farà essere santi come è santo il Padre nostro, ci farà amare i fratelli in quell’unico Spirito Che ci unisce tutti. Da questo adorabile Spirito noi riceviamo, attraverso la Grazia santificante, le virtù infuse (principi di azione che inserisce in noi perché servano all’anima da facoltà sovrannaturali e ci rendano capaci di fare atti meritori, e sono le Teologali, ossia Fede Speranza e Carità, e le morali, ossia soprattutto le Cardinali, prudenza giustizia fortezza temperanza, con quelle connesse principalmente a loro, religione obbedienza castità umiltà dolcezza magnanimità magnificenza pazienza), nonchè gli ancor più perfetti Doni (ossia abiti soprannaturali che danno alle facoltà tale docilità da obbedire subito alle ispirazioni della Grazia, e sono Sapienza, Intelletto, Consiglio, Scienza, Pietà, Fortezza, Timor di Dio), le une e gli altri sono operanti tramite le grazie attuali. Dalle virtù e dai Doni discendono rispettivamente i Frutti dello Spirito (ossia atti virtuosi che sono giunti a una certa perfezione e riempiono l’anima di gaudio santo, e sono carità gaudio pace pazienza mansuetudine bontà fedeltà dolcezza temperanza) e le Beatitudini (che sono ancora più perfette e fanno pregustare in terra la Beatitudine celeste, e sono la povertà di spirito, l’afflizione, la mitezza, l’operazione di pace, la misericordia, la purezza di cuore, la fame e la sete di giustizia, la persecuzione per la giustizia). Grazie ai Doni l’anima, che nella loro pienezza è già nella via illuminativa, giunge a quella unitiva praticando tutte le virtù in alto grado e aprendosi docilmente all’azione del Paraclito. Questa vita della Grazia compenetra tutta la natura umana, la dirige verso il sovrannaturale, la rende capace di dominare e influenzare gli atti dell’intelligenza e della volontà e del sentimento. In una parola, crea l’organismo mistico dell’anima cristiana. LA MISSIONE DELLO SPIRITO SANTO VERSO LA CHIESA Nel momento in cui è pienamente rivelato, lo Spirito Santo si mostra quale Rivelatore per eccellenza. Egli, che non parla di Sé se non indirettamente, è Colui che parla del Padre e del Figlio, perché solo Lui conosce i segreti dell’Uno e dell’Altro. Nel Suo Silenzio divino fa risuonare la Parola del Padre, Gesù Cristo. In ragione di ciò, il Padre parla a noi tramite il Figlio, ma questi ammaestra nella potenza dello Spirito: ogni mente umana che ha ricevuto una Rivelazione- compresa quella di Gesù – l’ha avuta nella Terza Persona Divina. Perciò tutta la Sacra Scrittura è ispirata da Lui, come anche tutta la Tradizione. Dalle fonti della Rivelazione zampilla sempre Lui, il Paraclito. Nel Cristo Totale, la Chiesa, il Suo Corpo Mistico, risiede lo Spirito, come l’anima nel corpo; se il Cristo è il Capo del Suo Corpo, lo Spirito Santo, per contatto, scorre potente in esso: Egli continuamente vi immette, come il sangue nell’organismo materiale, la Grazia. Tutte le azioni della Grazia sono compiute da Cristo tramite lo Spirito. Egli, Grazia increata, muove alla fede tramite la grazia preveniente; dona per la fede la grazia santificante; suscita, sostiene e porta a compimento il bene tramite la grazia sufficiente ed efficace. In poche parole, Cristo opera attraverso lo Spirito tutte le azioni salvifiche. Tra di esse, fondamentali sono le azioni liturgiche e sacramentali, che producono realmente la Grazia. In ognuno dei Sacramenti lo Spirito opera efficacemente, sia producendo l’effetto, sia venendo comunicato dal sacramento stesso. In particolare nel Battesimo prende possesso dell’anima; nella Confessione rimette le colpe per il Sangue di Cristo; nell’Eucarestia opera la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo e da Essi, contenuti nel fedele, si effonde nella sua anima; nell’Unzione degli Infermi rimette le colpe dando una forza particolare in vista della malattia se non della morte; nel Matrimonio lega misticamente in un solo organismo uomo e donna; nell’Ordine riempie in modo particolare la persona del sacerdote, rendendolo sacro a Dio. Ma è soprattutto nella Confermazione che Egli compie la Sua missione specifica. In questo nobile Sacramento la Terza Ipostasi Divina trionfa nell’anima, come il Padre nel Battesimo e il Figlio nella Eucarestia. La Confermazione è la Pentecoste di ogni anima. Per essa, lo Spirito del Padre prende pieno possesso dell’anima umana, imprimendole un carattere indelebile, come quello del Battesimo e dell’Ordine, una sorta di mutazione ontologica sul piano metafisico, per cui il fedele non è più solo figlio di Dio, ma addirittura soldato di Cristo, pienamente conformato alla potenza salvifica del Suo Redentore. Si adempie perciò la profezia : In quei giorni effonderò il Mio Spirito su ogni persona (Gl 3,1). Tale effusione si compie anche attraverso gli atti liturgici non sacramentali, anche se in misura minore e in funzione della fede di chi li riceve. Lo Spirito compie così la Sua funzione nel piano salvifico: il Padre invia il Figlio, il Figlio redime, lo Spirito santifica. Ognuna delle azioni è contenuta nella precedente e le esplica. Così, i Divini Tre compiono, ciascuno secondo il proprio ruolo liberamente scelto, il progetto della Salvezza nel quale ci hanno amato, un progetto incentrato sul Cristo, sofferente, morto e risorto, e veicolato dallo Spirito, che abita nella Chiesa e in ognuno come in un tempio, vivo e santo. In ragione di ciò, lo Spirito Santo edifica la Chiesa. La tiene unita, come Amore sussistente Che opera in modo attivo, saldando le membra tra loro e al proprio Capo. E’ nella Sua unione che anche gli scismatici, gli eretici, gli Ebrei, i monoteisti, i credenti di ogni fede e gli uomini di buona volontà sono uniti, ciascuno per quanto sta in loro, al Cristo Totale. Lo Spirito Santo mantiene questa unione viva ed efficace anche oltre la morte: la Comunione dei Santi, che unisce i terrestri, i purganti e i celesti in un solo organismo spirituale, è opera Sua. In ognuna delle Tre Chiese Egli opera efficacemente: nella Militante accende la preghiera, suscita i carismi, chiama ai ministeri, costituisce la vita consacrata, compie l’opera dell’evangelizzazione, santifica gli eletti, illumina, con una efficacia proporzionale alla natura degli insegnamenti, il Magistero del Papa e dei Vescovi e li assiste nel governo della Chiesa; nella Espiante – in Purgatorio – accende il fuoco d’amore che purifica le Anime; nella Trionfante splende nel Lume della Gloria che apre ai Salvati lo squarcio numinoso dal quale esse contemplano l’Essenza beatificante della Trinità Divina e, in Lei, di ogni bene: è la Visione Beatifica. Alla Fine dei Tempi, sarà lo Spirito – come profetizzato da Ezechiele – a ridare la materia, la forma e la vita ai corpi nella Resurrezione della Carne. Allora la Chiesa, Nuova Gerusalemme, sarà il vero Tempio di Dio, inabitato pienamente dallo Spirito stesso, costruito per l’Agnello e il Padre Suo. Allora la presenza dello Spirito, che già riempie l’Universo, sarà assoluta e visibile. In ognuno di noi, lo Spirito è sempre presente, quale Spirito di adozione a figli, a meno che non sia scacciato dal peccato mortale. A Lui dobbiamo riverenza e amore, assecondandone le ispirazioni, volgendo a Lui la nostra preghiera e il nostro pensiero, compiacendoLo nella pratica della virtù e non contristandoLo col peccato, specie con quelli che più detesta, ossia tutti quelli mortali e naturalmente i sei contro la Sua Adorabile Persona: l’impugnare la verità conosciuta, la disperazione della salvezza, la presunzione di salvarsi senza merito, l’invidia della Grazia altrui, l’ostinazione nei peccati e l’impenitenza finale. Sono i modi con cui si declina la bestemmia contro lo Spirito, l’unico peccato che Gesù definisce imperdonabile, perché consiste nel rifiuto della verità, falsificandola, considerandola inefficace o superflua per la propria salvezza, valutandola meno del frutto delle cattive azioni, rifiutandola definitivamente o addirittura detestandone l’efficacia in altri. STORIA DELLA DEVOZIONE Lo Spirito Santo è stato ovviamente sempre adorato, come attestano il culto, la teologia, il magistero, la devozione. Quella di cui parliamo qui è la storia della devozione contemporanea. Essa nasce con la Divinum Illud Munus di Leone XIII (1878-1903) del 1897, con cui il Papa voleva sovvenire alla scarsa conoscenza e allo scarso zelo verso la Terza Persona della Santissima Trinità, del Cui culto era stata grande apostola la Beata Elena Guerra (1835-1914). Il seme gettato da Papa Pecci germogliò più tardi: il venerabile Pio XII (1939-1958), il Beato Giovanni XXIII (1958-1963), il Concilio Vaticano II (1962-1965), il venerabile Paolo VI (1963-1978) e il Beato Giovanni Paolo II (1978-2005), autore dell’enciclica pneumatologica Dominum et Vivificantem (1986), promossero ed inculcarono nel popolo di Dio una devozione soda, pratica e vissuta al Paraclito. Il Rinnovamento Carismatico ne è la manifestazione più compiuta e diffusa. Nacque nella Chiesa Cattolica a Pittsburgh (Usa) nel 1967 e da lì si diffuse nel mondo. In un ritiro presso l’Università di Duquesne, dopo aver pregato a lungo, gli studenti e i docenti dissero di aver ricevuto da Dio una trasformazione profonda che definirono «battesimo nello Spirito Santo». Si formarono poi organizzazioni per collaborare alla diffusione di questa dottrina, e già negli anni settanta una Conferenza presso l’Università di Notre Dame a South Bend (Indiana), attirò oltre 30.000 persone. Il Rinnovamento Carismatico Cattolico non è un movimento mondiale unico, unificato. A differenza degli altri movimenti, non ha un fondatore o un gruppo di fondatori. Vi aderiscono le persone più diverse per svolgere numerosi tipi di attività: gruppi di preghiera, corsi, ritiri, conferenze, seminari, servizi assistenziali, evangelizzazione, ecc. Il Rinnovamento parte dall'esperienza di una nuova effusione dello Spirito Santo (chiamata comunemente "battesimo nello Spirito Santo"). Dall'esperienza carismatica del Rinnovamento Carismatico Cattolico si sviluppa - insieme ad altre esperienze carismatiche - il Rinnovamento nello Spirito propriamente detto. Dal 1980 il Beato Giovanni Paolo II ricevette in udienza i membri del Rinnovamento nello Spirito e i suoi responsabili nazionali diverse volte ed inviò numerosi messaggi in occasione delle sue convocazioni nazionali. Il nome “Rinnovamento nello Spirito” è ripreso da un passo della lettera di San Paolo a Tito. La spiritualità del movimento attinge i suoi contenuti dalla teologia pneumatica, che descrive lo Spirito Santo e la sua azione nella storia proponendo un rinnovamento -fare tornare come nuova, originaria- la vita cristiana, partendo dall'episodio della Pentecoste quando lo Spirito Santo discese sui discepoli e sui seguaci di Gesù, conferendo loro particolari carismi che li avrebbero resi capaci di compiere azioni straordinarie, in virtù della loro funzionalità alla evangelizzazione. Molto della dimensione ecclesiale e laicale del movimento ha origine dal documento conciliare della Lumen Gentium, e dalla sua descrizione dell'azione dello Spirito Santo nella Chiesa e nei fedeli. Comprende laici, membri consacrati, religiosi e sacerdoti; è formato da gruppi di persone, coordinati a livello locale, diocesano, regionale e nazionale; svolge le sue attività in comunione con l'ICCRS (International Catholic Charismatic Renewal Services), l'organizzazione di diritto pontificio a servizio del Rinnovamento Carismatico Cattolico in tutto il mondo. E’ degna di menzione anche l’Opera dello Spirito Santo, fondata negli anni ’60 da Padre David De Angelis (1912-1996), OFM Cappuccino, in riferimento alla spiritualità di Madre Carolina Venturella (1901-1984), Suora Canossiana, per diffondere maggiormente la conoscenza e la devozione allo Spirito Santo. Per raggiungere tale finalità, l’Associazione Laicale “Potenza Divina d’Amore” e le due Famiglie Religiose “Discepoli e Apostoli dello Spirito Santo”, maschile e femminile, si impegnano particolarmente nell’apostolato a mezzo stampa e attraverso esercizi spirituali, formazione di “cenacoli di preghiera”, ecc. L’Opera si propone anche la costruzione di un Tempio dedicato allo Spirito Santo, i cui lavori sono in corso. LO SPIRITO NELLA PREGHIERA DELLA CHIESA Il mistero dello Spirito è un mistero di trionfo, che la pietà orante considera nelle verità di fede in cui Egli ha operato e opera in modo particolare o esclusivo: la Concezione verginale del Cristo nell’Immacolata; il Battesimo del Signore; la Sua Morte, per cui è effuso il Paraclito; la Pentecoste, in cui tale effusione si compie in pienezza, prima sugli Apostoli e poi sui discepoli, anche pagani; l’azione mediante cui Egli guida la Chiesa stessa. Alla luce di ciò, lo Spirito è chiamato ed è la Promessa per eccellenza di Dio Padre (2) , il Raggio di luce del Cielo (3), l’Autore di ogni bene (4), la Sorgente di acqua viva (5), il Fuoco consumatore (6), l’Unzione spirituale (7), il Dono stabile di Dio Altissimo (8) . A Lui sono ricondotti non solo i Sette Doni, ma anche la fede, la speranza, l’amore e la verità (9), la grazia e la preghiera (10), la pace e la mitezza (11), la modestia e l’innocenza,(12) il conforto e la santità, la misericordia (13), la forza e la sobrietà (14), l’umiltà e la castità (15), la bontà e la dolcezza, la pazienza (16), la compunzione e l’adorazione (17), nonché tutti quei doni particolari che ognuno ha, naturali e sovrannaturali. A Lui si chiede che c’ispiri l’orrore dei peccati, che venga e rinnovi la faccia della terra (18), che irradi con la Sua luce le nostre anime (19), che imprima la Sua Legge nei nostri cuori (20), che c’infiammi col fuoco del Suo amore, che riversi in noi il tesoro delle Sue grazie, che c’insegni a pregare bene, che ci illumini con le Sue ispirazioni divine, che ci conduca nella via della Salvezza, che ci faccia conoscere l’unica cosa necessaria, che ispiri in noi la pratica del bene, che ci conceda il merito di tutte le virtù, che ci faccia perseveranti nella Giustizia, che sia la nostra eterna ricompensa. Da Lui si implora la liberazione da ogni male e peccato, dalla presunzione e dalla disperazione, dalle tenebre della tentazione, dalla resistenza alla verità, dall’egoismo e dalla durezza di cuore e da ogni cattivo spirito.Una summa della fede nello Spirito Santo sono il grande e meraviglioso inno Veni Creator Spiritus e la Sequentia Aurea. Il primo così scandisce: Veni Creator Spiritus/ Mentes Tuorum visita/ Imple superna gratia/ Quae Tu creasti pectora.// Qui diceris Paraclitus/ Altissimi Donum Dei/ Fons vivus, Ignis, Caritas/ et Spiritalis Unctio,// Tu Septiformis munere/ Digitus Paternae Dexterae/ Tu rite Promissum Patris/ Sermone ditans guttura.// Accende lumen sensibus/ Infunde amorem cordibus/ Infirma nostri corporis/ Virtute firmans perpeti.// Hostem repellas longius/ Pacemque dones protinus/ Ductore sic Te praevio/ vitemus omne noxium.// Per Te sciamus da Patrem/ Noscamus atque Filium/ Teque Utriusque Spiritum/ Credamus omni tempore.// Deo Patri sit gloria/ Et Filio, Qui a mortuis/ Surrexit, ac Paraclito/ In saeculorum saecula. Amen (21).La seconda declama: Veni Sancte Spiritus/ Et emitte caelitus/ Lucis Tuae Radium.// Veni Dator munerum/ Veni Pater pauperum/ Veni Lumen Cordium.// Consolator optime/ Dulcis Hospes animae/ Dulce refrigerium// In labore requies/ In aestu temperies/ In fletu solacium.// O Lux beatissima/ Reple cordis intima/ Tuorum fidelium.// Sine tuo numine/ Nihil est in homine/ Nihil est innoxium.// Lava quod est sordidum/ Riga quod est aridum/ Sana quod est saucium.// Flecte quod est rigidum/ Fove quod est frigidum/ Rege quod est devium.// Da tuis fidelibus/ In Te confidentibus/ Sacrum Septenarium.// Da virtutis exitum/ Da salutis exitum/ Da perenne gaudium. Amen (22).CONCLUSIONE: DEVOZIONE ALLA SANTISSIMA TRINITA’. Dunque, alle Persone Divine, Che abitano in noi, dobbiamo amore, riverenza, rispetto. Ciò si enuclea da quanto abbiamo detto sulle devozioni patrologica, cristologiche e pneumatologica. Ripetendoci su quanto dicemmo poc’anzi, in relazione a tutta la Trinità, diremo che del Padre siamo i figli adottivi, del Figlio siamo i fratelli, anzi le membra innestate nel Suo Corpo Mistico, dello Spirito siamo il tempio. Le Tre Divine Persone abitano in noi tramite la Grazia. Sono il principio primo della vita soprannaturale, la causa efficiente principale ed esemplare di tale vita. Ci santificano producendo nell’anima l’organismo soprannaturale che la abilita a compiere gli atti deiformi di cui dicemmo. Con questa presenza tutta la Trinità si dà a noi, come Dio Padre, fratello, Creatore, Salvatore, amico, collaboratore, Santificatore. La nostra relazione con Lui è intima e affettuosa, familiare. Nei confronti di tutta la Trinità Che abita in noi abbiamo dunque il dovere di camminare alla Sua presenza, attraverso sentimenti di adorazione, amore e imitazione. Adorando ci offriremo come ostie vive di lode, segneremo le nostre azioni con il Segno della Croce e le concluderemo con la dossologia del Gloria, reciteremo le preghiere in Suo onore mattina e sera e ogniqualvolta sia necessario o previsto dalla pietà, riconosceremo la nostra radicale indegnità e la nostra dipendenza completa da Lui. Amando in conseguenza di ciò, saremo pieni di confidenza filiale e incondizionata, saremo penitenti per i nostri peccati e le nostre infedeltà reiterate, saremo riconoscenti per tanto bene, saremo animati da dolce amicizia che caldeggia gli interessi dell’Amico e ne zela la gloria, saremo spinti al generoso sacrificio per seguirne le ispirazioni e i comandi. Amando, imiteremo la santità del Dio tre volte santo. 1. Si tratta di una piccola statuetta di cera con tanta storia dietro che è arrivata a Praga nel 1554, portata come regalo di nozze da Maria Manrique de Lara y Mendoza a suo marito Vratislav di Pernstejn. Maria Manrique era una fanciulla di 14 anni ed il matrimonio, l'hanno combinato i suoi genitori. Non avendo mai visto il marito Maria Manrique aveva tanta paura di partire per Praga e sposare Vratislav ma doveva obbedire ai genitori. La sera precedente alla partenza si è recata nella cappella privata pregando Iddio di trovare a Praga un marito buono e durante la sua preghiera è successo il primo miracolo del Bambin Gesù: il sole che stava tramontando ha illuminato la statuetta e Maria Manrique ha sentito la voce che la raccomandava di portare la statuetta a Praga e regalarla al futuro marito. Il giorno dopo Maria Manrique è partita per Praga molto più tranquilla sentendosi protetta dal Dio e dal Bambin Gesù. Ed il matrimonio è andato molto bene, basta pensare ai 18 figli nati dal matrimonio fra Vratislav e Maria Manrique ... fra cui anche la famosa Polissena di Pernstejn, più molto conosciuta come Polissena di Lobkowicz. Chi aveva spinto la Principessa a privarsi di quell'oggetto a lei tanto caro? Fu certamente un'ispirazione del Cielo. Suppongono alcuni che ella, a conoscenza delle strettezze in cui versavano i Carmelitani, volesse venire loro incontro con quel dono che certo aveva un valore non comune. Infatti quattro anni prima, i Padri avevano rifiutato per amore di povertà la rendita fissa che l'Imperatore voleva assegnare al convento. Ma ora mancava, persino il pane. La Principessa, nel regalare la cara statuina al Priore, disse queste parole che sanno di vaticinio: «Vi offro, o Padre, quanto ho di più caro al mondo. Onorate questo Bambino, e state certo che fino a quando lo terrete in venerazione, nulla potrà mancarvi». 2. Perché dono più importante. Gesù stesso lo chiama così. 3. Egli è l’unico raggio della Luce sostanziale che arriva a noi direttamente: lo stesso Cristo è giunto rivestito di Umanità. 4 Perché artefice della Grazia e tramite essa di ogni cosa buona. 5. L’acqua viva è sempre la Grazia, la vita divina in noi sotto forma di carità trasformante. Essa zampilla dall’Umanità di Cristo, ma perché essa è ripiena dello Spirito Santo, la grazia increata, la Carità trinitaria ipostatizzata. 6. La carità brucia e trasforma. E lo Spirito è carità, quindi è Fuoco, come è simboleggiato nell’AT. Egli consuma ma non distrugge, perché il roveto sul Sinai nel quale Dio scese per rivelarsi a Mosè bruciava, ma non consumava, perché era acceso dall’amore celeste per l’uomo. 7. In quanto pervade come e più di ogni olio le anime, così come fece col Cristo. 8. Egli infatti ci è dato perennemente, e va via solo se lo cacciamo noi col peccato. 9. Secondo la missione di guidare alla verità tutta intera conferitagli da Gesù. 10. Egli infatti prega in noi con gemiti inesprimibili. Egli ispira ogni prece. 11. Conformemente alla pace che regna nella Trinità mediante la sua unità nello Spirito, nonché al modo mite con cui Egli, senza violenza, trasforma le anime e in genere opera. 12. Egli che è vicino e intimo ad ognuno. 13. Egli che col Verbo è la misericordia donata al mondo. 14. Egli che esercita un completo controllo su tutte le cose, calibrandole. 15. Lo Spirito opera nel silenzio del Padre e del Figlio, pur essendo loro consostanziale. E’ dunque umilissimo nel suo annichilimento divino. Egli inoltre dà la castità, che solo Lui rende possibile conferendo il dominio sul corpo. 16. Egli infatti è buono e dolce con ognuno, oltre che paziente tra i nostri difetti. 17. Che si ricollegano al dono della preghiera. 18. Così come creò il mondo, alla stessa maniera deve rinnovarlo. 19. Perché nella nuova alleanza tutti sono ammaestrati direttamente da Dio, proprio tramite lo Spirito. 20. Conformemente al detto biblico per cui, nell’era messianica, la Legge sarà scritta da Dio in ogni cuore. 21. Vieni Spirito Creatore, visita le menti dei Tuoi; riempi della Tua Grazia i petti che hai creato. Tu, che sei detto Paraclito, dono del Dio Altissimo, fonte viva, fuoco, carità e unzione spirituale, sei nel dono settiforme, il dito della mano destra del Padre; Tu, che arricchisci le gole con la Parola, sei a buon fine promesso dal Padre. Accendi la luce ai sensi, infondi l’amore nei cuori, rafforzando con la virtù costante l’infermità del nostro corpo. Ricaccia lungi il nemico e dona dappresso la pace; così che, con Te che ci conduci, evitiamo ogni pericolo. Concedi che tramite Te conosciamo il Padre e apprendiamo il Figlio e che in Te, Spirito dell’Uno e dell’Altro, crediamo in ogni tempo. Sia gloria al Padre e al Figlio, Che risorse dai morti, e al Paraclito, nei secoli dei secoli. Amen. 22. Vieni Santo Spirito, ed emetti dal cielo un raggio della Tua luce. Vieni Padre dei Poveri, vieni datore dei doni, vieni luce dei cuori; consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolce refrigerio. Riposo nella fatica, temperie nel calore, consolazione nel pianto. O Luce beatissima, riempi i luoghi intimi del cuore dei Tuoi fedeli. Senza la Tua forza nulla è nell’uomo, nulla innocente. Lava ciò che è sordido, irriga ciò che è arido, sana ciò che è malato; fletti ciò che è rigido, riscalda ciò che è freddo, drizza ciò che è sviato. Da’ ai Tuoi fedeli che confidano in Te, il sacro settenario; da’ il merito alla virtù, da’il compimento alla salvezza, da’ il gaudio perenne. Amen. Theorèin - Marzo 2013 |