|
|
DE SANCTORUM CULTU
“Per i Santi che sono sulla terra,
(Salmo XV, 3) La devozione ai Santi, della cui necessità si è detto parlando delle devozioni in genere, ha un fondamento cristologico, pneumatologico ed ecclesiologico. Il primo si ravvisa nel fatto che ogni Santo è tale in quanto redento da Cristo; la devozione al Santo è dunque un onore reso all’efficacia dell’azione salvifica; il secondo dipende dal fatto che l’attore principale della santificazione è lo Spirito Santo, che ancora ora abita nell’anima glorificata del Santo in Cielo; il terzo dipende dal fatto che il Santo è parte della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, al Quale viene reso onore tributandone ai Suoi membri dislocati nelle tre Chiese della Comunione dei Santi. In essa vi è infatti non solo la Chiesa militante, ma anche la Espiante e la Trionfante. Essa ci interessa, in quanto unita a noi e a Cristo nello Spirito, per la fondazione del culto dei santi. NATURA E FORME DELLA DEVOZIONE AI SANTI La Chiesa Trionfante è la Chiesa dei Santi in Paradiso. E’ l’approdo ultimo delle Anime Purganti, la meta degli Eletti della Terra, la massima perfezione per ora esistente del Pleroma, in attesa della Fine del Mondo, quando i Predestinati, con anima e corpo, saranno tutti con Cristo, realizzando pienamente il mistero della Chiesa in eterno. Allora nella Chiesa Celeste avverrà l’apocatastasi delle altre due, riassorbite in essa definitivamente. Allora la Chiesa sarà solo degli Eletti e non più anche dei Chiamati. Fino a quel momento, in questa Chiesa Celeste ci sono solo le Anime dei Santi. La natura della Beatitudine del Paradiso ci sfugge nella sua più intima essenza. Sappiamo tuttavia che i Santi non sono tutti uguali: quelli che vissero con maggior perfezione hanno una gloria più alta. Ma tutti vedono e godono Dio in modo pieno e appagante, senza traccia di infelicità. Alcuni arrivano in Cielo senza passare per il Purgatorio. Ma chi sono i membri della Chiesa Celeste? Sotto Nostro Signore Gesù Cristo, il Capo del Corpo che è la Chiesa, la Pienezza di Colui Che si realizza in tutte le cose (Ef 1, 22-23), alla Madre Sua Maria SS., Madre della Chiesa stessa, già glorificata in Cielo in Anima e Corpo, nonché al Patriarca San Giuseppe, si dispongono i Cori Angelici e le Schiere dei Santi. Dei Cori Angelici abbiamo detto; basti ricordare che l’Arcangelo San Michele è il più vicino al Trono di Dio, il Santo più nobile dopo lo stesso Padre Putativo del Verbo Incarnato (1). Ora descriviamo il modo in cui le Schiere si mostrano, nelle loro differenti perfezioni, alla contemplazione e alla venerazione dei fedeli della Chiesa Militante e di quella Espiante, secondo le vocazioni alle quali Dio chiamò in terra i vari loro componenti, mostrando ancora una volta la natura della Chiesa come Comunione Gerarchica. Noi non possiamo quantificare la gloria e la perfezione di ciascun Santo, ma possiamo tuttavia indicare l’ordine delle loro categorie. Per cui la descrizione della Chiesa Trionfante si può risolvere in una agiologia, ossia in una teologia della santità.Anzitutto abbiamo i già menzionati XII Apostoli, che vissero con Gesù e sulla cui testimonianza si regge la Chiesa, da essi diffusa nel mondo, i cui membri entrano poi nella vita eterna. Gli Apostoli alla fine dei tempi giudicheranno i vivi e i morti col Figlio dell’Uomo. Nessuno è più Santo degli Apostoli; tutti loro resero gloriosa testimonianza col martirio. Sei di loro scrissero il Nuovo Testamento per Divina Ispirazione. Due di loro – san Matteo e san Giovanni – furono anche Evangelisti, che scrissero due dei Quattro Vangeli. Accanto agli Apostoli ci sono coloro che furono solo Evangelisti, ossia san Luca e san Marco, che scrissero appunto gli altri due Vangeli che portano il loro Nome e diedero la vita per la Fede, instancabilmente testimoniata anche da loro fino alla fine. Indi abbiamo i Santi che furono Discepoli del Signore, ossia che gli stettero accanto per tutta la vita, e che pure spesso testimoniarono col martirio la loro fede (2).Al di sotto di questa ineguagliabile aristocrazia spirituale, si colloca il Popolo dei Salvati, che forma la cosiddetta Mistica Rosa, offerta alla Santissima Trinità e divisa in due sezioni simboliche: quelli che credettero in Cristo venturo e quelli che credettero in Cristo venuto. I Santi dell’AT sono coloro che credettero in Cristo venturo. Essi sono antichissimi e le loro figure spesso misteriose. Li distinguiamo in Patriarchi e Profeti. I Patriarchi da Adamo – e sua moglie Eva – fino a Noè furono Capi del Genere Umano in una età mitica, durata sino al Diluvio (3); quelli post-diluviani sono della stirpe di Sem, primogenito di Noè (4); poi abbiamo i Grandi Patriarchi, i capostipiti di Israele: Abramo (con Sara sua sposa) (5), Isacco (assieme a Rebecca sua moglie), Giacobbe (con Lia e Rachele (6)) e i suoi Dodici figli, eponimi delle altrettante Tribù di Israele, a cui vanno aggiunti i Due figli di Giuseppe, Manasse ed Efraim. Questi colossi ebbero spesso l’onore di parlare direttamente con Dio. I Profeti invece sono tutti coloro che Dio mandò al Popolo d’Israele per istruirlo. La loro schiera si apre con Mosè, affiancato dal fratello Aronne (7): egli diede la Legge del Sinai e alla sua parola risale il Pentateuco; prosegue con Giosuè, che portò Israele in Terra Santa e la conquistò, tramandandone il racconto nel Libro che porta il suo nome; indi abbiamo i Giudici, con Samuele, alla cui testimonianza risale la loro storia e quella dei tempi suoi, descritta nei Libri omonimi. Poi c’è la nobile serie dei Re, a partire da David, dalla cui famiglia nacque il Cristo, e che consta dei suoi eredi giusti ma anche dei monarchi saggi del Regno del Nord, che sorsero quando questi si divise da Giuda. Dopo costoro abbiamo i veri Profeti: Elia e Eliseo furono i maggiori tra coloro che non scrissero nulla; poi annoveriamo coloro che redassero Libri Sacri, come Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele, detti Maggiori per la mole dei loro scritti, nonchè i XII Profeti minori, tali per le dimensioni dei loro Oracoli (8). Alla schiera profetica si aggiungono anche Esdra e Neemia, Tobia e suo padre, i Maccabei sacerdoti e sovrani, le sante donne del VT: Rut, Noemi, Ester, Giuditta coi loro amici: ad ognuno di costoro risale la narrazione che è contenuta nei Libri a loro dedicati. Dietro questi Santi antichissimi si assiepano tutti coloro che si salvarono nella Vecchia Alleanza, anzi sin dalle Origini del mondo sino alla Nascita di Cristo, anche fuori del Popolo d’Israele. La schiera dei Santi Profeti si chiude con san Giovanni Battista, il Precursore, e i suoi genitori, sant’Elisabetta e san Zaccaria. Come un mistico festone, si dispongono in Cielo gli Avi paterni del Redentore, nonché i genitori di Maria SS., i santi Anna e Gioacchino. Inizia poi il novero di coloro che credettero in Cristo venuto. Tra costoro, il posto più alto è occupato dai Martiri, i testimoni, che versarono il loro sangue per la Fede e per la Carità, le cui vesti sono candide perché le hanno lavate nel Sangue dell’Agnello, e che hanno la palma tra le mani. Essa è una schiera immensa (9), aperta da santo Stefano; essi, in virtù della loro fine, andarono direttamente in Cielo. La loro moltitudine è appunto descritta nell’Apocalisse. Molti dei Discepoli e tutti gli Apostoli furono anch’essi martiri. E’ una schiera in continuo aumento (10). Sotto di loro i Confessori, coloro che soffrirono ma non morirono per la Fede. Anch’essi sono in continuo aumento (11). Tra i Martiri e i Confessori molti furono insigniti della dignità episcopale, ossia furono Pontefici, anche se in ogni caso fanno Schiera a sé. Tra loro i Papi hanno sicuramente una dignità particolare. Tra i Pontefici moltissimi furono Dottori della Chiesa, ossia illustrarono la Religione con la loro santità e la loro dottrina; i più antichi di tali Dottori sono i Padri della Chiesa (12). Una ulteriore Schiera è quella dei Sacerdoti, insigniti del Presbiterato, e dei Leviti (Diaconi o Chierici), quando i loro membri non facciano parte delle Schiere precedenti (13). Accanto a loro, risplendono i Monaci e gli Eremiti, tra cui possiamo annoverare tutti coloro che fecero vita religiosa, con particolare riguardo per i Fondatori (14). Seguono poi le Schiere delle Vergini e delle Vedove (15). Infine, contempliamo la Schiera dei Santi Laici, che comprende genericamente tutti gli altri (16). A questi Santi, detti canonizzati perché inseriti nell’elenco ufficiale o Canone, la Chiesa Militante tributa diversi onori di venerazione, per quello che Dio ha fatto in loro e per il grado della perfezione da essi raggiunto: ne rammenta i Nomi nelle invocazioni litaniche; innalza loro preghiere; erige loro chiese e altari; celebra la loro memoria liturgica; venera le loro reliquie e le pone sotto le pietre sacre degli altari per consacrarli – perché lo Spirito di Dio ha operato in esse e, se corporali, le unirà alle loro Anime nella Gloria – ne raffigura le immagini, munite di aureola. La Gloria dei Santi è infallibilmente proclamata in Terra dal Papa, che ha le chiavi del Regno dei Cieli. Ma non tutti i Santi sono canonizzati ufficialmente: di moltissimi la Chiesa non ha cognizione, ma essi sono egualmente – e ovviamente – gloriosi in Cielo. Al di sotto dei Santi, nel culto della Chiesa Terrestre vi sono i Beati. Sebbene in Cielo non vi sia necessariamente differenza tra loro e sebbene spesso i Beati divengano Santi canonizzati, essi costituiscono una categoria minore della manifestazione della Gloria celeste ai nostri occhi. Per essi è autorizzato un culto minore, sempre dal Papa (17). Virtualmente anche tra i Beati si possono distinguere le categorie dei Santi canonizzati (18). Sotto costoro la Chiesa Terrestre venera coloro che praticarono eroicamente le virtù sotto gli occhi del Popolo Cristiano, detti appunto Venerabili. Tra costoro ci sono coloro che saranno glorificati come Beati e Santi (19). Santi canonizzati, Beati e Venerabili sono coloro dei quali si può affermare con certezza che sono in Cielo. Di tutto il resto della folla dei Salvati, la Chiesa Terrestre fa memoria nella Solennità di Tutti i Santi, il Primo Novembre, con i loro più illustri compagni (20). I membri della Chiesa Celeste sono quelli di più alto lignaggio nel Pleroma. Essi possono intercedere, a richiesta o spontaneamente, per i membri delle altre due Chiese. Infinitamente amati da Dio, Lo riamano perfettamente e si amano tra loro; svolgono missioni nei confronti dei fedeli terrestri e purganti, spesso perché scelti dalla Chiesa Terrestre (patroni e protettori); infine mettono i loro meriti a disposizione di tutti gli altri nel Tesoro della Comunione dei Santi. Spesso si manifestano ai fedeli terrestri in svariati modi – come del resto le Anime del Purgatorio – come visioni, sogni, apparizioni o interventi prodigiosi. Questi interventi, debitamente riconosciuti dalla Chiesa terrestre, sono il segno della costante unione dei vari membri della Comunione dei Santi. STORIA DELLA DEVOZIONE La devozione ai Santi è sempre esistita. L’onore di cui sono circondate le memorie degli Apostoli, intese sia come la tradizione delle loro gesta che i loro sepolcri, e che risalgono al I sec., ne sono la prova. Durante la lunga era delle persecuzioni, i Martiri, ossia i testimoni che davano la vita, furono venerati non solo in morte ma persino in vita. I loro sepolcri furono custoditi, le loro spoglie faticosamente raccolte, i loro Atti messi per iscritto e presso le loro sepolture spesso si tenevano celebrazioni liturgiche o adunate di altro genere: è quel che avveniva di solito nelle Catacombe, delle quali le più famose sono le Romane. Considerando che il Martirio era la forma più elevata di virtù cristiana e l’alto tasso di motivazione spirituale dei primi Cristiani, non meraviglia che nei primi tre secoli i Santi venerati sono solo martiri: nella confessione cruenta della Fede si chiudeva l’itinerario di perfezione non solo del semplice fedele, ma anche di chi occupava un ruolo che in seguito sarebbe stato distinto, nell’agiologia, da quello del Martire stesso, ossia il Pontefice, la Vergine, la Vedova, il Presbitero ecc. Non a caso non mancano esempi di Santi realmente esistiti nei primi secoli, il cui martirio però è leggendario, perché la loro immagine venne progressivamente nobilitata. Accanto al Martirio, lo stato di Confessore, per chi era provvidenzialmente scampato alla morte, costituiva motivo sufficiente di venerazione e culto. Bisogna però aspettare la prima metà del IV sec. per una forma liturgica di devozione ai Santi che non fossero stati martiri. Essa si sviluppò dagli anni Ottanta di quel secolo, quando l’equiparazione tra il Martirio, ormai desueto per la cristianizzazione dell’Impero, e la pratica rigorosa della virtù è un fatto acquisito. Oggetto di tale culto sono ormai i Monaci, gli Eremiti, le Vergini, la cui condizione è un martirio senza sangue sostenuto per una vita intera. Ben presto a queste schiere si uniscono quelle dei Pontefici, dei Sacerdoti e via via tutte le altre, non tralasciando come concausa il fatto che spesso specie le prime erano popolate da personaggi duramente perseguitati per aver asserito la dottrina ortodossa. Per cui ben presto si capì che i Padri e i Dottori della Chiesa potevano essere tali solo se, oltre che dotti, fossero stati anche virtuosi. In Oriente sorse presto una festa onnicomprensiva per tutti i Santi, che fu recepita in Occidente da papa San Bonifacio IV (608-615), il quale la fissò al 13 maggio, giorno in cui, nel 609, aveva consacrato al culto della Vergine e dei Santi il Pantheon. Tale festa sarebbe stata poi spostata al 1 novembre da Sisto IV (1471-1484) nel 1475, e di essa abbiamo già detto. In genere la conversione dell’Impero Romano permise una fioritura pubblica del culto mediante edifici più fastosi, esposizione di icone, commemorazioni pubbliche dei giorni della nascita al Cielo del Santo – ossia della sua morte – e la custodia solenne delle sue Reliquie. Considerato il fatto che il diritto romano impediva lo smembramento dei corpi dei defunti, queste reliquie per secoli – ossia fino all’VIII sec.- furono solo dei brandea, ossia brandelli della tomba del Santo o gocce dell’olio che ardeva nelle lampade poste su di essa; spesso erano ex contactu, ossia nate toccando le tombe o più fortunatamente i corpi dei Santi con lini o pietre o legni o altri oggetti. Prevalso il diritto barbarico, prima tra le nazioni romano-germaniche e poi nella stessa Italia, almeno in Occidente iniziò la prassi prima dello spostamento delle Reliquie intere – che nel Basso medioevo divenne addirittura prassi depredatoria all’origine di importantissimi Santuari – e poi del loro smembramento. Sui corpi dei Santi si andarono poi a moltiplicare le reliquie di contatto. La prassi pia del pellegrinaggio, ancora in uso, fortificò il culto dei Santi a dismisura. I Padri e i Concili affermarono unanimi e costantemente che ad essi spetta il culto di dulia o venerazione e alle loro reliquie e alle loro icone quello di dulia relativa. L’atto più significativo fu quello dello Horos del II Concilio di Nicea nel 787, nel bel mezzo della Iconoclastia, le cui asserzioni più estreme avevano messo in discussione anche il culto agiologico. Non a caso ancora oggi la Chiesa Ortodossa, e con lei anche le antiche Chiese Orientali, hanno un fiorente culto agiologico. Il pellegrinaggio potè collegare al culto agiologico esigenze assai disparate: l’espiazione penitenziale – del cui compimento spesso nei Santuari si trovavano miracolose attestazioni, come la rottura delle catene penitenziali dei viatores o l’autocombustione delle liste dei peccati – l’adempimento di una promessa in seguito ad un beneficio ricevuto, l’impetrazione di una grazia e ovviamente il puro atto di omaggio. I Santuari che sorsero e sorgono ovunque furono e sono la costellazione della pietà cristiana lungo le cui coordinate si mosse e si muove la vita spirituale con ricadute anche in campi profani, come le arti, la cultura, l’economia, la politica, la socializzazione e molto altro. La storia della devozione si identifica qui in larga parte con quella delle Indulgenze, ma parlarne ci allontanerebbe dal tema. Basti rilevare che la consapevolezza del potere di intercessione dei Santi alimenta la fede nella possibilità della remissione della pena in ragione dei loro meriti. Come abbiamo detto, la sanzione del culto, nei tempi più remoti, dipese dalla fama sanctitatis. Ma ben presto furono i Vescovi a decretare la venerabilità di coloro che erano morti in grazia di Dio (V sec.). Raramente si chiedeva l’autorizzazione papale fino al X sec. La prima canonizzazione fatta da un Papa è quella di Sant’Ulrico di Augusta (923-973), di Giovanni XV (985-996). Fino all’XI sec. la canonizzazione è la semplice esposizione solenne delle reliquie del Santo dopo fatti miracolosi avvenuti sulla sua tomba. Dal 1099 il Beato Urbano II (1088-1099) avvia la prassi dei processi, lunghi e lenti per evitare abusi. Proprio dalla sua epoca il consenso papale al culto dei Santi è diventato indispensabile. Anzi l’atto di magistero che canonizza è stato a lungo considerato atto infallibile, oggi invece lo si considera tendenzialmente autorizzativo, ma a mio avviso è magistero straordinario autentico, come ho detto. Una ulteriore fase di contestazione, in Occidente, del culto dei Santi, in corrispondenza con la diffusione del dualismo manicheo tra i secc. XI-XIII, e anche dopo la diffusione della statuaria sacra, fu energicamente superata con l’impegno dei Dottori, dei Santi stessi che in vita diedero l’esempio e del Magistero papale e conciliare (II, III e IV Concilio Lateranense, 1138, 1179, 1215). La devozione ai Santi si basò ben presto sull’agiografia, che sviluppando le antiche forme degli Acta Martyrum o Passiones, si articolò nel corso del Medioevo come un autentico genere, ancora oggi esistente, a sua volta suddiviso in sottogeneri costanti di Vitae, Passiones propriamente dette, Miracula o raccolte di prodigi, Translationes – ossia narrazioni di spostamenti miracolosi di corpi di Santi, il cui assenso era considerato indispensabile perché essi potessero avvenire – e Inventiones – ossia il ritrovamento degli stessi corpi. Dall’età carolingia abbiamo essenzialmente tre sottogeneri: le Vitae, le Legendae – ossia raccolte di elementi prodigiosi senza troppi problemi cronologici – e le Biografie vere e proprie. Molti Santi che ebbero esperienze mistiche furono essi stessi autori di testi profetici, apocalittici e spirituali in genere. La tendenza alla materializzazione della pietà nel Basso Medioevo spinse il culto agiologico ad alcuni eccessi che i riformatori protestanti vollero estirpare negando alla radice la devozione ai Santi come incompatibile con la Bibbia. Ma il Concilio di Trento (1545-1563) ribadì sia questo culto che le sue forme, correggendone le storture. Per cui la Controriforma e il Barocco furono periodi di splendida fioritura del culto dei Santi. San Pio V (1565-1572) promulgò un Calendario universale per la Chiesa Latina (1568), detto romano generale, che riunificò i preesistenti calendari senza sopprimere quelli locali. Gregorio XIII (1572-1585) promulgò il Martirologio Romano, ossia il libro liturgico del culto dei Santi ufficiale per la Chiesa Romana, che subentrava così ai Martirologi più antichi fioriti qua e là e di grande importanza storica. L’attività di Jean Bolland (1596-1665) e dei Bollandisti, che avviarono dal 1643 la redazione degli Acta Sanctorum quotquot toto orbe coluntur, e che continuamente aggiornano la ricerca agiologica con la Revue Mabillon dal 1882, nonché di Jean Mabillon (1632-1707) e dei Padri Maurini, ha dato, a partire dal XVII sec., impulso e rinnovamento alla conoscenza dei Santi, a dispetto della corrosiva critica illuministica e avviando una ricerca erudita di grande scrupolo filologico che si è concretizzata di recente anche in ampie sintesi divulgative come la Bibliotheca Sanctorum (1961-1970). Una tendenza critica verso il culto dei Santi, scaturita dal clima di contestazione che ha accompagnato il Concilio Vaticano II (1962-1965), non ha trovato ne’ nel magistero conciliare né nella prassi popolare delle pezze d’appoggio, venendo anzi da esse contrastata e smentita. Il venerabile Paolo VI (1963-1978) ha rilanciato la devozione ai Santi riformando, come dicevamo, il Calendario (1969) con l’inserzione di Santi di tutto il mondo. La vocazione universale alla santità proclamata dalla Lumen Gentium ha permesso di sottolineare la pregnanza della santità laicale offrendo al popolo devoto nuovi modelli, la cui esaltazione è stata realizzata sotto il papato del Beato Giovanni Paolo II (1978-2005), il quale ha canonizzato e beatificato più di tutti i suoi Predecessori. In ragione di ciò egli ha promulgato un nuovo Martirologio nel 2001, con seimilacinquecentotrentotto nomi di Santi e Beati da celebrare. DE DEFUNCTORUM CULTU
“Fece offrire il Sacrificio Espiatorio per i morti
(2 Mac 12, 46). La devozione alle Anime Sante del Purgatorio è l’ultima che spetta a un buon cristiano. L’onore al corpo dei defunti, inumato in attesa della Resurrezione – sebbene la cremazione non sia interdetta ai cristiani purchè non implichi una mancanza di fede nella Resurrezione stessa – è legato al culto verso le loro Anime, in cui diamo suffragi e chiediamo protezione. Anime infinitamente amate da Dio perché soddisfano la Sua Giustizia, sono legate a noi da vincoli di amore, amicizia, parentela e simili, per cui ben meritano il nostro ricordo, che naturalmente può estendersi anche a chi non ci è stato legato in terra, e sono pronte a soccorrerci nelle nostre necessità, tanto che spesso nella vita avvertiamo la loro presenza e – almeno in sogno, quando l’anima nostra può comunicare con l’Aldilà – ne rimiriamo l’effigie. NATURA E FORME DELLA DEVOZIONE La Chiesa Espiante è la Chiesa delle Anime del Purgatorio. Senza entrare in merito alla natura di tale espiazione, che riguarda la dogmatica e che è necessaria per rimettere le pene meritate per i peccati mortali perdonati e per i veniali, anche di cui non ci si è pentiti, diremo che in essa transitano tutte le Anime degli Eletti, ossia di coloro che, anche fuori della Chiesa visibile, sono vissuti in Terra secondo il volere di Dio e ora si perfezionano, temporaneamente, per un periodo la cui massima durata può giungere sino al Giudizio Universale. In questo luogo di invisibile e inimmaginabile tormento le Anime, più saldamente unite al Pleroma perché non possono più esservi distaccate dal peccato, soddisfano la Giustizia di Dio e perciò sono da Lui infinitamente amate. Sono quindi infinitamente più felici di chiunque in Terra, pur soffrendo più di ogni altro nel Mistico Corpo. Essendo Comunione Gerarchica, anche qui la Chiesa ha membri diseguali al suo interno: sono riconoscibili coloro che in Terra ebbero un carattere indelebile, in seguito al Battesimo, alla Cresima, al Sacerdozio; coloro che formularono voti nei Consigli Evangelici; sono poi diversificati in ragione dell’intensità e della durata delle pene, oltre che per il grado di gloria a cui sono destinate. A noi terrestri è più evidente la prima differenziazione, per cui parliamo, con compassione e timore, delle Anime più lontane dalla fine della purificazione, di quelle più a lungo soggiornanti in essa, di quelle più prossime all’uscita, di quelle più devote e quindi più meritevoli di compiacenza divina. Spesso tra esse, anche se per breve tempo, soggiornano le Anime dei Santi che saranno anche canonizzate. Queste Anime possono moltissimo presso Dio per noi e intercedono costantemente, memori anche dei legami terreni; sono in uno stato ontologico superiore, libero dal corpo e dal peccato, immuni dall’influsso satanico, partecipi di vaste conoscenze, di ampi poteri, di ardenti sentimenti di perfezione, spesso investite di missioni particolari e capaci anche di manifestarsi e di soccorrere i mortali, ma nulla possono per se stesse. Noi Terrestri invece possiamo abbreviare la loro purificazione offrendo per loro i nostri Suffragi, con la preghiera, con il sacrificio, con l’elemosina, con la celebrazione della Santa Messa, con le Indulgenze. Infatti è scritto: Fece offrire il Sacrificio Espiatorio per i morti perché fossero assolti dal peccato (2 Mac 12, 46). Questa è una carità soprannaturale di grandissimo valore e purtroppo spesso dimenticata. Ma anche noi, se avremo la Grazia di passare per il fuoco del Purgatorio piuttosto che di finire in quello eterno, quando ci saremo, avremo bisogno di aiuto, e non ne avremo, se non lo avremo per primi elargiti. Dio infatti è il dispensatore e l’autore di tali aiuti, ispirandoli e rendendoli efficaci, e non mancherà di soccorrere i generosi e di punire i duri di cuore. Egli Stesso poi, liberamente, può concentrare le pene dei Defunti in tempi più brevi o ridurle per alcune circostanze meritorie della loro vita - come la devozione mariana o eucaristica o agli stessi Defunti – o per intercessione delle Anime del Paradiso. Alle Anime del Purgatorio tutte insieme la Chiesa eleva preghiere, applica Indulgenze, costruisce templi e altari, celebra la liturgia ricordandoli anche in una memoria collettiva (la Commemorazione dei Fedeli defunti)(21) e garantisce la conservazione decorosa dei loro resti mortali in attesa della Resurrezione dei Corpi. Tributa loro un culto detto di venerazione. Infatti le Anime Purganti sono degne di onore perché si sono santificate in Terra, perché soffrono per amore di Dio, perché in loro noi veneriamo l’opera del Redentore. In tali onori mai manca tuttavia l’azione di suffragio o commemorazione. Ognuno di noi ha il dovere di un culto e di un suffragio privato dei propri defunti, ed è esortato a pregare per tutti i morti, secondo quanto Dio gli ispira. STORIA DELLA DEVOZIONE Sin dall’età ellenistica nell’Ebraismo vi era la consapevolezza dell’esistenza di un regno oltretombale dove vivevano le anime bisognose di suffragi. Nel Vangelo e in San Paolo vi sono chiari riferimenti al luogo di espiazione dei defunti (Mt 5, 26; 1 Cor 3, 11). Il Cristianesimo cioè si collocò tra quelle correnti giudaiche che ammettevano un oltretomba tripartito. Tale convinzione è presente anche nell’apocalittica cristiana apocrifa dei secc. II-III. Uno dei primi testi della Tradizione sul Purgatorio e sul dovuto culto di suffragio per i defunti si ha nella Passione delle Sante Perpetua e Felicita (†203). Nel corso della sua detenzione Santa Perpetua in sogno vide il fratellino defunto, Dinocrate. Lo vide nelle tenebre, sporco e coperto di stracci. Nel luogo in cui si trovava vi era una vasca piena d’acqua con un parapetto troppo alto per un bambino. Perpetua pregò tutti i giorni e in seguito le apparve il fratello, pulito, con l’acqua della vasca che si era abbassata fino al suo ombelico. Allora Perpetua comprese che la pena era finita. Il culto dei morti con il conseguente onore della sepoltura esiste da quando c’è la Chiesa. La devozione sistematica ai defunti tuttavia tardò a costituirsi attorno al dogma del Purgatorio per svariate ragioni, per tutto il primo millennio. Le ragioni sono molteplici. Anzitutto l’alto livello morale nei primi secoli del Cristianesimo, quando il Martirio – che apre le porte del Cielo – o almeno la Confessione della Fede tra i tormenti erano la norma, che relegavano in secondo piano il rischio di un periodo penitenziale post-mortem. Poi la prassi liturgica battesimale e penitenziale. Il Battesimo venne per molto tempo preso in punto di morte, specie dopo la fine delle persecuzioni, perché il battezzato è lavato da tutte le colpe e pene e quindi va direttamente in Cielo. La Penitenza, che fino alla fine del I sec. era amministrata frequentemente, dal Pastore di Erma diviene qualcosa di saltuario, legato alla prassi pubblica della Chiesa, che si può concedere solo una volta nella vita per le colpe più gravi, accompagnata da lunghe penitenze che durano fin sul letto di morte. Spirando in queste condizioni, è normale credere che l’anima vada direttamente in Cielo. Ciò perdurò fino all’VIII sec. Tuttavia, le attestazioni dottrinali vi sono e sono anche importanti. Si scorgono in Tertulliano (160-220), Origene (185-254) e in San Clemente di Alessandria (150-215), mentre Sant’Agostino (354-430) è molto chiaro e incisivo nella dottrina sul Purgatorio. San Patrizio (385-461), apostolo dell’Irlanda, è molto legato alla diffusione del culto dei Defunti. Gesù gli mostrò su di un’isola deserta del Lough Dergh del Donegal una fossa oscura, e gli disse che se qualcuno fosse stato animato da vero spirito di penitenza e di fede, e vi avesse trascorso una notte, sarebbe stato mondato dai suoi peccati. Il santo si affrettò a costruire una chiesa con monaci regolari e il luogo venne chiamato Purgatorio di San Patrizio. L’usanza voleva che i pentiti fossero dapprima sconsigliati dal vescovo ella diocesi, poi dal priore della chiesa : se entrambi i tentativi fossero falliti, il credente riceveva l’autorizzazione a trascorrere una notte nella cavità. Una processione lo accompagnava fino alla porta, rammentandogli la presenza di demoni ed altri spiriti. Il priore, quindi, richiudeva la porta e benediva il candidato ; il giorno dopo sarebbe ritornato : se il penitente usciva, dopo altri quindici giorni di preghiera, poteva far ritorno a casa, altrimenti lo si dava per morto e la processione si ritirava. Ancora oggi il pellegrinaggio votivo prosegue, in forme differenti, essendo stato vietato l’ingresso nella caverna nel 1497, che fu chiusa definitivamente nel 1632. San Gregorio Magno (590-604), nei Dialoghi, dà ampie attestazioni dell’esistenza delle pene purgatorie, sostenendo che esse possano essere anche espiate nei luoghi della vita. A lui risale la prassi delle Trenta Messe dette appunto Gregoriane da recitarsi di seguito per un defunto, onde liberarlo dal Purgatorio. Sia gli Imrana irlandesi (diari di viaggio dei Monaci) sia altri testi odeporico-mistici attestano la localizzazione simbolica del Purgatorio, o in Irlanda o in Sicilia. Segno della devozione ai Defunti. E’ tuttavia Sant’Odilone di Cluny (961-1049) che istituisce una Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti per il 2 novembre, data che poi entrerà nel Calendario Universale della Chiesa, in cui è attestata dal XIV sec. In questo giorno ancora oggi è lucrabile l’Indulgenza plenaria, applicabile solo ai Defunti. San Pier Damiani (1007-1072) o un suo anonimo discepolo parla diffusamente del tema dei luoghi ultramondani dove le pene sono espiate. Tra il 1170 e il 1180 Pietro Comestore (†1180) probabilmente utilizza per primo il sostantivo purgatorium. San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) o per lui Nicola di Chiaravalle, suo segretario, parlò anch’egli di Purgatorio. San Tommaso d’Aquino (1225-1274) enuncia scultoreamente la dottrina di fede sull’argomento. Contro gli eretici del XII e XIII, Catari e Valdesi, che negano il Purgatorio, Innocenzo III (1198-1216), riecheggiando i Papi del secolo precedente, insegna che esistono tre tipi di Chiesa : quella celeste, quella militante e quella “che dimora del Purgatorio”. Innocenzo IV (1243-1254) e il Secondo Concilio di Lione nel 1274 definirono l’esistenza del Purgatorio nel quadro delle trattative per la riunificazione con la Chiesa Ortodossa. Ciò fu ribadito nel Concilio di Firenze (1438-1445) e, contro i Protestanti, da quello di Trento (1545-1563). Nella devozione per i Morti, brillano San Girolamo (347-420); San Giovanni Crisostomo (347-407); San Simone Stock (1165-1265), a cui rimonta la devozione carmelitana per i Defunti; San Nicola da Tolentino (1245-1305), che iniziò la prassi delle Sette Messe ininterrotte dette di San Nicola per il suffragio di un defunto; Santa Matilde di Hackeborne (1240-1299); Santa Gertrude la Grande (1256-1302), che li suffragava con l’Atto eroico di Carità, indulgenziato plenariamente da Pio XI (1922-1939); Santa Brigida di Svezia (1303-1373); Santa Liduina (1380-1433); Santa Francesca Romana (1384-1440); Santa Caterina da Genova (1447-1510), autrice del Trattato del Purgatorio; la Beata Caterina da Racconigi (1486-1547); Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690); Santa Veronica Giuliani (1660-1727); la Beata Anna Maria Taigi (1769-1837), iniziatrice della Pia Pratica dei Cento Requiem; San Giovanni Bosco (1815-1888); il padre Jean Baptiste Henri Dominique Lacordaire (1802-1861); San Luigi Guanella (1842-1915), fondatore della Pia Unione del Transito di San Giuseppe, i cui sacerdoti offrono sempre il suffragio della Messa per i Morti; San Pio da Pietrelcina (1887-1968); la Serva di Dio Natuzza Evolo (1924-2009). 1. Tra gli Spiriti Celesti, accanto a lui dobbiamo ricordare i Santi Arcangeli Gabriele e Raffaele. 2. Per esempio Santa Maria di Magdala, Santa Maria di Cleofa, Santa Maria madre di Giacomo, San Cleofa, Sant’Alfeo e molti altri parenti di Gesù. Tra i Discepoli ricordiamo san Mattia, associato ai XII Apostoli, e san Barnaba. 3. Sono i Dieci Patriarchi dell’Antichità. Di essi conosciamo solo i nomi. A loro va aggiunto il giusto Abele. Tra essi spicca Enoc, che scomparve misteriosamente, senza morire in questo mondo. 4. Accanto ai tre figli di Noè, Sem Cam Iafet, capostipiti della nuova umanità, si affiancano i discendenti in linea retta dello stesso Sem, da cui discende Abramo. Anche di loro conosciamo solo i nomi. 5. Accanto a lui, che strinse con Dio il Patto della Circoncisione, si collocano il nipote Lot, il figlio Ismaele, sua madre Agar, il re e sacerdote Melchisedec. All’età dei Patriarchi risale anche Giobbe. 6. E dalle concubine Bala e Zilpa, oltre che la figlia Dina e la nuora Tamar, nonchè i nipoti Fares e Zamar, figli di Giuda. 7. E dalla sorella Maria col nipote Eleazaro. 8. Osea, Naum, Abdia, Giona, Zaccaria, Malachia, Abacuc, Gioele, Amos, Michea, Sofonia, Aggeo, nonché il segretario di Geremia Baruc. 9. Solo nel disgraziato secolo XX ben quarantacinque milioni di battezzati sono morti per la Fede. 10. Tra i più importanti ricordiamo, attingendo alle Litanie usate nel culto liturgico e al Canone della Prima Preghiera Eucaristica, gli Innocenti, Lino, Anacleto, Clemente I, Alessandro I e Sisto I papi, Ignazio di Antiochia, Policarpo di Smirne, Giustino, Lorenzo, Crisogono, Vincenzo, Fabiano papa e Sebastiano, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, Gervasio e Protasio, Cornelio papa e Cipriano di Cartagine, Marcellino papa e Pietro, Bonifacio, Stanisalo di Cracovia, Tommaso Becket, Giovanni Fisher, Tommaso Moro, Paolo Miki, Giovanni di Brebeuf e Isacco Jogues, Pietro Chanel, Carlo Lwanga; tra le donne Perpetua e Felicita, Agata, Lucia, Agnese, Cecilia, Anastasia, Maria Goretti. Le Litanie dei Santi fissano i nomi più illustri per il culto ufficiale solenne, mentre il Canone elenca Santi molto antichi invocati per la celebrazione dell’Eucarestia. Aggiungo per devozione, Gaspare, Melchiorre e Baldassare, Pio I papa, Tarcisio, Vito, Modesto e Crescenzio, Cristoforo, Filomena, Vitale, Silverio papa, Adeodato vescovo, Giovanna d’Arco, Massimiliano Maria Kolbe (il primo martire della Carità, perché diede la vita per un compagno di prigionia condannato a morte), Pio da Pietrelcina (il cui martirio mistico di Carità è durato tutta la vita). 11. Nel XX sec. popoli e nazioni intere soffrirono per la Fede, e ancora moltissime patiscono tale tormento, in Africa e in Asia, ma anche in Europa. 12. Tra costoro ricordiamo coloro che sono invocati nelle Litanie dei Santi: Silvestro I (papa e confessore), Leone I Magno (papa, dottore e padre), Gregorio I Magno (papa, dottore e padre), Ambrogio di Milano (vescovo, dottore e padre, confessore), Agostino (vescovo, dottore e padre, nonché monaco), Gerolamo (dottore e padre, ma anche monaco), Atanasio (vescovo, dottore e padre, confessore), Basilio Magno, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo (vescovi, dottori e padri), Giovanni Crisostomo (vescovo, dottore e padre, confessore), Sofronio (vescovo e dottore), Martino I (papa e martire, anche tradizionalmente annoverato tra i confessori), Giovanni Damasceno (dottore e padre), Nicola di Mira (vescovo, dottore e padre), Patrizio (vescovo e dottore), Cirillo e Metodio (vescovi e dottori), Carlo Borromeo (vescovo), Francesco di Sales (vescovo e dottore), Pio X (papa). Aggiungo per devozione personale Severo (vescovo), Remigio (vescovo), Massimo il Confessore, i papi Bonifacio IV, Adeodato I, Eugenio I, Vitaliano, Agatone, Leone II, Benedetto II, Sergio I (confessore), Gregorio II, Gregorio III, Zaccaria, Paolo I, Leone III (confessore), Leone IV, Niccolo’ I, Pasquale I, Gregorio VII (confessore), Pio V, Adriano III, Leone IX, Ormisda, Agapito I, Pietro Celestino (vescovo e confessore, nonché monaco), Gregorio Barbarigo (vescovo). 13. Generalmente un Santo appartiene a una Schiera. Quando può essere annoverato tra più di esse il culto lo ascrive in primo luogo a quella in cui è morto, aggiungendovi poi le altre, nelle quali è stato annoverato in seguito. Costoro sono dunque commemorati nella prima Schiera in cui sono inseriti. Per queste categorie citiamo Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Vincenzo de’ Paoli, Giovanni Maria Vianney, Giovanni Bosco, invocati sempre in quelle Litanie. Ricordiamo pure devotamente Gaspare del Bufalo (sacerdote e confessore), Luigi Gonzaga, Luigi Maria Grignon de Montfort, Leopoldo Mandic, Josè Maria Escrivà de Balaguer. 14. I maggiori sono Antonio Abate, Benedetto da Norcia, Bernardo di Chiaravalle (dottore e padre), Domenico di Guzman, Francesco di Assisi, Tommaso di Aquino (dottore). Costoro sono debitamente pregati nelle Litanie dalle quali attingiamo. Vi aggiungo Antonio da Padova (dottore), Severino Abate, Teodoro Studita, Leonardo Abate, Giovanni Gualberto, Francesco di Paola, Giuseppe da Copertino, Giovanni della Croce (dottore), Francesco Antonio Fasani, Luigi Orione. 15. Tra costoro si annoverano le Religiose, visto che la verginità è un merito anche maschile. Nelle Litanie sono invocate Caterina di Alessandria, Caterina da Siena (dottore), Teresa d’Avila (dottore), Rosa da Lima. Ricordiamo per devozione anche Severina, Matilde di Sassonia, Brigida di Svezia, Chiara d’Assisi, Rita da Cascia, Margherita Maria Alacoque, Veronica Giuliani, Caterina Zoe Labourè, Bernadette Soubirous, Maria Faustina Kowalska. 16. Ricordiamo Luigi IX di Francia, Monica di Tagaste, Elisabetta di Ungheria, sempre scelti nelle Litanie. Ricordiamo pure Domenico Savio e Giuseppe Moscati. 17. Per la Beatificazione è necessario che il candidato interceda presso Dio per ottenere un miracolo a chi lo ha invocato. Un successivo miracolo comporta la Canonizzazione. Il candidato deve essere stato riconosciuto preventivamente come modello eroico di virtù, ossia Venerabile, come diremo. La Causa di Canonizzazione inizia, su richiesta del Vescovo, presso il Pontefice, per persone morte in fama di santità, i cosiddetti Servi di Dio (p. es. Felice Canelli, Giovanni Battista Tornatore, Santina Scribano, Rita Montello, Lucia dos Santos, Stefan Wyszynsky, Jozef Myndszenty, Joseph Beran, Jozef Slypy, Chiara Lubich, Alcide de Gasperi). Anticamente la Canonizzazione scaturiva dal culto popolare, sancito generalmente dalla morte per martirio, poi dallo stato di Confessore, indi dalla vita verginale e monastica. Poi toccò ai Vescovi decretarla. Furono perciò istituite le Cause. Alla fine tale prassi fu riservata al Papato, per evitare abusi. In essa il compimento di miracoli è sempre stato fondamentale. 18. Devotamente ricordo tra i Beati i papi Giovanni Paolo II, Vittore II, Stefano IX, Benedetto XII, Vittore III, Urbano II, Gelasio II, Eugenio III, Gregorio X, Innocenzo V, Benedetto XI, Urbano V, Innocenzo XI, Pio IX, Giovanni XXIII; il vescovo confessore Aloijsius Stepinac; il sacerdote martire Jertzy Popieluszko; il sacerdote Edoardo Poppe; le religiose Maria de Matthias, Raffaella Cimatti, Rosa Gattorno e Teresa di Calcutta; il religioso e dottore Ugo di San Vittore; i laici Bartolo Longo, Nunzio Sulprizio, Piergiorgio Frassati, Giacinta e Francesco Marto di Fatima. 19. Tra essi menzioniamo i papi Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo I; i sacerdoti Leone Dehon, Vincenzo Cimatti e Luigi Giussani; i religiosi Cirillo da Praga, Matteo da Agnone e Bartolomeo da Saluzzo, la religiosa Marie Marthe Chambon. 20. Il numero ufficiale dei Santi e dei Beati sembra superi le ventiduemila unità. Quelli commemorati nel Calendario Universale della Chiesa, ossia festeggiati in tutto il mondo, era di centocinquantuno, quando fu modificato da Paolo VI nel1969. 21. Ancora oggi il suffragio di quella Commemorazione si può prolungare nell’Ottavario dei Defunti con l’Indulgenza parziale, con la Pia Pratica del Mese di Novembre, con la visita devota al Cimitero in quei giorni – specie dell’Ottavario, quando pregando anche solo mentalmente mentre lo si visita si può lucrare la P Theorèin - Luglio 2013 |