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SOCIETATIS DOCTORES IESU Breve introduzione ai Dottori deuteroscolastici della Compagnia di Gesù La cultura e l’evangelizzazione della Controriforma trovarono nella Compagnia di Gesù il loro fondamento più solido. Ma la prima fu senz’altro una specificazione della seconda in quanto, nelle mani dei Gesuiti, essa fu uno strumento poderoso contro i Protestanti e per la Chiesa. Il Collegio Romano fu la fortezza della cultura gesuita dal 1551, il Concilio di Trento il suo primo agone – in cui mieté molti allori – e Tommaso d’Aquino, dopo un iniziale eclettismo, il suo nume tutelare, adottato quale dottore di riferimento dall’Ordine dal 1593. La Seconda Scolastica fu in gran parte gesuita e, incardinatasi a Roma nel Collegio citato, si irradiò, da qui come da Salamanca, in tutto il mondo cattolico. Tomisti con molta libertà, i Gesuiti furono i veri autori barocchi della Scolastica che porta il medesimo aggettivo ed è sinonimica della Seconda. Controversistica, trionfalistica, antimoderna, moralistica, missionaria, la Scolastica gesuita fu la teologia cattolica che più di tutte in quei secoli barocchi espresse l’esuberanza del raggiungimento sensuale dell’invisibile e la lotta spirituale fatta corpo a corpo col Protestantesimo. Deplorata e disprezzata dall’Illuminismo, questa Scolastica gli è sopravvissuta e ha preservato intatta la Tradizione nella sua forma storica della Controriforma. SANT’IGNAZIO DI LOYOLA Il fondatore della Compagnia di Gesù è candidato al Dottorato della Chiesa. Iñigo Yáñez nacque da una delle maggiori famiglie dei Paesi Baschi, gli Oñaz y Loyola appunto, nel 1491. Avviato alla vita cavalleresca nonostante la tonsura e un beneficio ecclesiastico di famiglia, servì la Corte e partecipò alle guerre franco-spagnole, rimanendo ferito nell’assedio di Pamplona nel 1521. Datosi alle letture edificanti nella convalescenza, Ignazio maturò la vocazione religiosa e la volontà di consacrarsi all’evangelizzazione. Dopo un viaggio in Palestina nel 1523, si diede allo studio teologico e filosofico prima a Parigi dal 1524 al 1526 e poi a Parigi, dove si legò ai suoi primi discepoli, facendo con essi voto di povertà castità ed obbedienza. Nel 1537 fu ordinato prete e si stabilì a Roma, fondando un vero e proprio Ordine religioso, la Compagnia di Gesù. Riconosciuto da Paolo III (1534-1549) nel 1540, l’Ordine si distinse per il quarto voto di fedeltà al Papa. Impegnatissimo nelle grandi battaglie della Controriforma (missionarie, riformatrici, educative), Ignazio fino alla morte, avvenuta nel 1556, rafforzò il suo Ordine e si batté per la moralizzazione di Roma. Il Santo scrisse le Costituzioni della Compagnia di Gesù, gli Esercizi spirituali e il Diario spirituale. Le prime sono ispirate a saggezza e prudenza e piene di alta spiritualità. L’allungamento del noviziato a due anni e il summenzionato quarto voto di obbedienza al Papa ne sono le maggiori novità. I secondi sono uno dei più sapienti e universali codici di direzione delle anime per la salvezza e la perfezione. In un mese di esercizi sotto un saggio direttore, il cristiano deve considerare, nella prima settimana, anzitutto il fine suo proprio e i criteri del suo agire, maturando avversione al peccato e a tutti gli affetti disordinati che possano distoglierlo del suo scopo. Nella seconda settimana, il cristiano deve contemplare Cristo quale Re che lo chiama a combattere contro tutti i nemici spirituali – mondo carne e demonio – e quale modello e Maestro da imitare e seguire. Nella terza settimana l’esercitando deve meditare sulla Passione di Gesù onde trarre da essa la forza per mantenere i successi ricevuti e rinvigorirlo nella sequela del Maestro tra dolori e umiliazioni. Infine nella quarta settimana il cristiano si configura a Cristo mediante una vita di continua unione con Dio e contemplandolo amorosamente in tutte le creature. Al testo degli Esercizi sono aggiunte annotazioni e regole ascetiche e mistiche, psicologiche, sui vari modi di pregare e diciotto regole per sentire con la Chiesa. La terza opera di Ignazio, il Diario, mostra il misticismo dell’autore che sente Dio abitualmente in tutte le cose scoprendolo ovunque. Cristocentrica, la spiritualità di Ignazio porta da Cristo a Dio e da Dio a Cristo, essendo Questi la vera e piena manifestazione di Quello. Grazie a questi scritti, Ignazio ha esercitato una durevole ed universale influenza spirituale sul mondo cristiano e ha decisamente contribuito al suo rinnovamento controriformistico. FRANCISCO SUAREZ, DOCTOR EXIMIUS Il maggior filosofo cattolico e teologo della Controriforma nacque a Granada nel 1548. Nel 1561 si iscrisse all’Università di Salamanca e nel 1564 divenne gesuita. Nel 1570 si addottorò in teologia con una dissertazione mariologica. Nel 1572 fu ordinato sacerdote. Insegnò filosofia a Salamanca e a Segovia, indi teologia a Valladolid, Segovia e Avila, la prima dal 1570 al 1574, la seconda dal 1574 al 1580. Da quell’anno insegnò a Roma nel Collegio Romano la sacra teologia, ma nel 1585 rientrò in Spagna per ragioni di salute. Fino al 1593 insegnò ad Alcalà. Nel 1597 si trasferì a Coimbra per rimanervi fino al 1615, quando, ritiratosi a Lisbona nel noviziato gesuita, vi morì il 25 settembre. Scrittore incredibilmente prolifico, la sua opera omnia si compone di ventitrè volumi in folio, esclusi alcuni testi ancora inediti. Le opere maggiori sono il De Verbo Incarnato, le Disputationes Metaphisicae, i Varia Opuscola Theologica, il De Vera Intelligentia, il De Virtute et Statu Religionis, il De legibus et de Deo legislatore. Suarez realizzò una sintesi tra il tomismo, lo scotismo e le nuove teorie scientifiche dei tempi suoi, per cui fu il pensatore più profondo e originale della Controriforma, meno influente di Cartesio ma a lui senz’altro superiore, precedendolo peraltro di alcune decadi. Le Disputationes Metaphysicae furono il primo vero e completo trattato di metafisica, indipendenti dalla teologia e dal commento dei testi aristotelici o di altri autori, della tradizione scolastica, sia medievale che moderna. La prima parte tratta dell’essere generale e delle sue cause; la seconda dei vari enti esistenti, ossia Dio gli angeli gli uomini e quant’altro esiste. In Suarez l’essere non è inteso tomisticamente come prima perfezione e primo determinante, ma scotisticamente come ultimo determinato, proprietà comune di tutte le cose, concetto astratto univoco semplice e universale. Per il Dottore, l’oggetto della metafisica è l’essere univoco, ossia così come è, dotato di una ragione semplice formale adeguata. Questa ragione universale è precisa e reale, quasi attuale, si trova perciò in tutti i termini inferiori, verso cui discende perché l’ente singolo possa essere pensato. La chiarezza e la certezza della metafisica dipendono da questo concetto, sia per Suarez che per Scoto, mentre il primo, pur professandosi tomista, lo antepone a quello di analogia, considerandolo meno necessario e meno chiaro. La ragione universale dell’essere comprende Dio e tutte le creature, compresi i loro accidenti. Dio è dunque non il solo oggetto della metafisica, ma una parte di esso. In essa gli attributi dell’essere, i trascendentali tomisti, sono chiariti prima ancora che si parli dell’essere specifico di Dio e degli enti, tra i quali vale l’analogia e la causalità. Ovviamente la più pura realizzazione dell’essere è Dio stesso, oggetto primario e principale, ma non esclusivo appunto, della metafisica. In questo modo Suarez divorzia dalla nozione tomista della metafisica e del suo oggetto, interpretandola in senso essenzialista. Il gesuita non separa essenza ed esistenza all’interno dell’ente ma li considera, anche qui distaccandosi da Tommaso, i due modi diversi di concepirlo, ossia potenzialmente e realmente. In polemica coi commentatori tomisti precedenti, specie col Gaetano, Suarez afferma che la proporzionalità tra Dio e le creature è semplicemente metaforica e non propria, mentre tra loro vi può essere sia una attribuzione estrinseca sia una intrinseca, anche se quest’ultima avviene secondo un ordine che parte dall’analogato principale – in cui la perfezione è piena – e arriva a quelli secondi – in cui essa è limitata. Continuando a modificare il pensiero dell’Aquinate suo maestro e anticipando Cartesio, Suarez reifica materia e forma e postula la loro unione nel composto sostanziale mediante un modo unificatore, così che il sinolo diventa l’unione di tre elementi. Analogamente il nostro entifica la sostanza e gli accidenti, connettendoli con un ennesimo modo, tale che ogni accidente si identifica per sé stesso e può predicarsi, successivamente, di sostanze diverse, attraverso cui passa. Questa sua metafisica porta chiaramente i segni della stanchezza del pensiero scolastico che, ai suoi tempi, tentava inutilmente di rinnovarsi. Tale palingenesi sarebbe avvenuta con Cartesio che, al di fuori della Scolastica, conserverà alcune intuizioni suareziane, non mancando di estremizzarle e avviando il processo della crisi della metafisica occidentale conclusosi nel XIX secolo. Nella filosofia del diritto l’Esimio fu il più grande dei suoi tempi. Discepolo e continuatore del De Vitoria, Suarez è ancora letto per le questioni base della disciplina e per le nozioni di Stato, democrazia e diritto internazionale. La legge per Suarez è l’atto della giusta e recisa volontà con cui il superiore vuole obbligare l’inferiore a questa o a quella cosa. La promulgazione della legge è come l’applicazione della causa obbligante della legge ma non la sua obbligazione in sé stessa. Sottolineando la funzione della volontà nella definizione della legge, Suarez si smarca ancora una volta da Tommaso, per il quale essa è un atto della ragione. La legge naturale dal canto suo è la maggiore di tutte le norme. Comprende i precetti chiaramente onesti e necessari per cui le azioni ad essi ispirate sono buone e quelle contrarie cattive. Tra essi alcuni, essendo i primi principi della morale, sono noti a tutti nella loro generalità – come fare il bene ed evitare il male – altri sono determinati e concreti e si deducono analizzando i termini – come applicare la giustizia – ma pur essi sono noti a tutti in quanto evidenti. Altri ancora sono conclusioni di un ragionamento evidente che parte dai principi naturali, alcune semplici come la malvagità del furto o dell’adulterio, altre complesse come quella della fornicazione o dell’usura, ma tutti rientrano nella legge naturale, perché conoscibili tramite ragione. Assertore dell’origine naturale dello Stato, il Dottore lo definisce per primo stato politico e afferma che il potere al suo interno non risiede mai nel singolo ma solo nella collettività che a sua volta lo riceve da Dio. La comunità stabilisce la forma di governo ed essa, anche se monarchica, non può più essere modificata a meno che non violi, con la tirannide, la legge di natura. Convinto che il diritto internazionale si basi sull’unità politica relativa dell’umanità, Suarez afferma che le relazioni tra gli Stati siano sempre esistite e sono necessarie. Teologo ancor più grande di quanto lo sia come filosofo, Suarez ha studiato tutto dal punto di vista teologico. Ebbe metodo di precisione scientifica prettamente moderna, indipendenza di giudizio rispetto alle scuole di pensiero, grandissima cultura e capacità di analisi; la sua opera fu sistematica in modo universale, trattando ogni branca della teologia con ampiezza, mediante la disamina delle tesi separate su ognuna di esse, nonché della loro origine storica, suffragandola con le opinioni cattoliche ed eretiche, accompagnate dai relativi argomenti e dai documenti patristici e magisteriali di riferimento, debitamente recensiti e analizzati, così da giungere alla fine alla nota teologica appropriata per ogni questione. In questo lavoro Suarez profonde la sua conoscenza dei filosofi greci, bizantini, arabi e medievali, nonché dei Padri, degli esegeti biblici e degli autori volgari a lui contemporanei, nonché delle leggi canoniche e civili, sia promulgate che consuetudinarie. Ispirato sempre ad un tomismo assai libero, riletto secondo Scoto, Suarez fece una teologia che spesso tradì l’Aquinate e lo contraddisse. In alcuni aspetti essa fu molto originale. Nella teologia trinitaria, il Dottore Esimio stabilisce che in Dio vi sono Tre Persone, la Cui esistenza non può essere dimostrata o colta né dalle intelligenze separate né da quelle umane. Esse sono Dio nella medesima natura e distinte l’una dalle altre. Avendo negato la distinzione dell’esistenza dall’essenza nella costituzione dell’ente, Suarez concepisce la sussistenza delle Persone divine come modo sostanziale dell’Essenza divina, capace così di costituirsi come più Ipostasi. I modi sostanziali della Divinità sono tre: Paternità, Filiazione e Spirazione passiva, ossia le Relazioni tra le Ipostasi. In virtù di essa vi sono le Esistenze relative delle Persone, relative all’esistenza essenziale della Natura divina. Infatti una qualsiasi entità attuale distinta da altre ha una sua esistenza realmente distinta. Suarez afferma che le Tre Persone sono realmente distinte in quanto realmente differenti e quindi realmente esistenti, ma asserisce anche che la Natura divina ha una esistenza assoluta, senza risolverla nelle esistenze relative delle sue Sussistenze. Esse sono le perfezioni della Sostanza divina e quindi indistinguibili da essa. Le perfezioni sussistenti non implicano diseguaglianza tra loro perché tutte sono contenute l’una nell’altra in quanto relative alla Sostanza. Essa non viene nemmeno accresciuta dalla Trinità delle Ipostasi, in quanto la Sostanza infinita di Dio non può avere aumento o diminuzione. In cristologia Suarez spiega l’unità delle due Nature nell’unica Ipostasi di Cristo sempre mediante i modi sostanziali. L’Incarnazione è reale ed inizia nel tempo, avendo come termine adeguato il Verbo sussistente nella Natura Umana e come termine formale il modo sostanziale per cui tale Natura è unita a quella Divina nell’Ipostasi. Infatti si distinguono logicamente la creazione della Natura Umana del Verbo e la sua Unione con Lui, la cosiddetta unitio. Secondo Suarez l’Incarnazione è proprio questa Unione, in quanto per logica la Natura Umana deve essere esistente prima dell’Unione stessa. In ragione di ciò, la Natura umana viene modificata per poter essere il termine formale dell’Unione. Il modo sostanziale che la rende possibile è dunque creaturale e finito, unito all’Umanità nella quale rimpiazza la sussistenza, in quanto essa non esiste come persona separata. La Natura Umana di Cristo, prima dell’Unione, esiste di per sé in quanto non potrebbe poi essere unita alla Divina se esistesse in ragione di questa. La conseguenza di questa impostazione è la coesistenza di due Nature nell’Ipostasi di Cristo. Per il Dottore Esimio l’Incarnazione ha lo scopo primario di glorificare Dio e quello secondario di salvare l’uomo, così che nella sua teologia sono conciliati Tommaso d’Aquino e Scoto. Contraddice però quest’ultimo in soteriologia, affermando che la Redenzione operata da Cristo è valida per valore proprio e non perché Dio vuole liberamente accettarla: infatti ogni azione dell’Uomo Dio, e non solo la Morte in Croce, ha un valore infinito e quindi il Padre l’accetta per giustizia, in quanto pienamente soddisfattorio. Anche nella nozione di peccato il Dottore si differenzia da Tommaso, affermando che è esso non è solo la perdita della Grazia, ma anche il danno inflitto alla natura umana dalla colpa stessa, tanto che l’uomo in stato di peccato non può raggiungere lo scopo suo proprio nemmeno nella vita terrena. Il peccato, che sarebbe stato tale anche se l’uomo non avesse mai avuto e quindi mai perduto la Grazia, è quindi anche se non soprattutto disordine interiore. Perciò il perdono del peccato e la concessione della Grazia sono due cose distinti anche se concomitanti, in quanto Dio avrebbe potuto perdonare i peccati anche se gli uomini non fossero stati destinati alla Grazia. Essa infatti è innanzitutto orientata all’elevazione dell’uomo alla vita soprannaturale. Il Dottore inoltre sostenne che la Grazia sufficiente si trasforma in efficace quando Dio concede all’uomo l’aiuto congruo per compiere il bene, e che Dio fa questo perché ha previsto la risposta della volontà umana al suo impulso. E’ questa la dottrina della scienza media, desunta da Molina e che Suarez fece sua trasformandola in congruismo, nell’ambito della disputa sugli ausili della Grazia. Una soluzione che però non ebbe seguito pur non mancando di grande equilibrio. In mariologia, il Dottore Esimio strutturò per primo il trattato sistematico sull’argomento, relazionando in modo ampio sui grandi privilegi di Maria Santissima e con profondità e chiarezza. In ecclesiologia, Suarez sostenne che la Chiesa è il corpo politico morale di chi professa la fede cristiana. Essa ha un potere supremo che ne salvaguarda l’unità e ne favorisce la diffusione. La giurisdizione suprema spetta al Papa in quanto egli succede a Pietro anche nella potestà apostolica, mentre i Vescovi succedono loro solo sacramentalmente, per cui il loro potere esige una derivazione parziale da quello pontificio. Alla Chiesa è stato garantito un magistero infallibile che le permette delle definizioni dogmatiche equiparabili alla Rivelazione divina. In antropologia teologica, Suarez sottolinea il valore della natura umana, la sua integrità sostanziale anche dopo il Peccato originale, la sua bontà, la sua apertura al soprannaturale, la sua libertà e l’efficacia in essa della Grazia, in contrasto con la concezione luterana. Suarez prese posizione sulla questione dei rapporti tra natura e Grazia spiegando a suo modo il concetto di potenza obbedienziale. Questa per alcuni tomisti era la mera condizione per cui la natura umana non è inconciliabile con la Grazia, mentre per Suarez è la proprietà della prima di essere uno strumento atto alla gloria di Dio e quindi più che capace ad essere adoperato da Lui mediante una grazia qualsiasi. Dio ha infatti voluto che la natura fosse all’occorrenza atta a svolgere le funzioni sovrannaturali che Egli le avrebbe attribuito, per cui la potenza obbedienziale non è di per sé né intrinseca alla natura umana né alla grazia stessa, ma una potenzialità prevista dal Creatore in vista del progetto di elevare l’uomo alla vita divina. Tutto ciò quindi non inficia né la superiorità né la gratuità della Grazia stessa. In sacramentaria, Suarez ritiene che i Sacramenti siano segni sensibili istituiti per conferire una certa santificazione e significare una vera santità dell’anima. Essi hanno tre elementi: il segno la santificazione conferita e da esso significata e l’istituzione divina. I Sacramenti veterotestamentari significavano in figura e non conferivano una grazia reale ma solo legale, eccetto la Circoncisione che rimetteva il Peccato originale, quelli invece neotestamentari significano un atto e conferiscono la Grazia relativa. Moralista di altissima levatura, Suarez si occupò di essa nella gran parte delle sue opere, studiandola sia in prospettiva teologica che filosofica ed allargandosi all’ascetica, alla mistica e al diritto canonico. Vaste analisi e accurate soluzioni dei problemi, esposizione sistematica, riferimenti espliciti alle fonti principali, ispirazione tomista assai forte e impostazione casistica sono le caratteristiche della teologia morale suareziana. La contemplazione di tutti i possibili casi morali era un imperativo della teologia post tridentina, in quanto gli stretti obblighi di confessione imposti ai fedeli spesso mettevano i pastori di anime in difficoltà per la valutazione dei singoli casi. La vecchia teologia morale scolastica, basata sui principi, fu mandata in soffitta, anche in conseguenza dell’impostazione nominalistica e umanistica della filosofia, e Suarez fu, se non il primo, almeno il maggiore, nel suo periodo, tra i teologi morali casistici, contemplando nelle sue opere moltissimi casi in modo ragionato e alla luce di rigorosi principi. Partendo dal fine dell’uomo, ossia dalla beatitudine, Suarez lo concepisce non solo intellettualmente come Tommaso e Aristotele, ma anche affettivamente. In relazione all’atto umano, Suarez esamina gli ostacoli più o meno forti alla libertà, sentenziando che la concupiscenza diminuisce la libertà dell’atto umano ma ne accresce intensivamente la volontarietà. Il Dottore sostiene, per la determinazione del comportamento nei casi dubbi, l’uso del probabilismo, ossia di quel sistema etico per il quale il soggetto, non sapendo realmente cosa è giusto fare, fa la scelta a lui più favorevole purché realmente probabile. Diversamente molti uomini non saprebbero cosa fare, essendo dominati non da certezze ma da opinioni e non potendo continuamente esaminare le proprie azioni in modo comparativo. Ovviamente la libertà di azione verte sul principio e non sul fatto concreto, per cui io non posso mai agire nel dubbio di nuocere immediatamente a qualcuno in modo grave. In ascetica e mistica, Suarez ha insegnato che l’orazione non può essere mai completamente muta né completamente scevra di contenuti intellettuali, a vantaggio di mere elevazioni affettive e sensitive, a pena di degradare il colloquio con Dio a qualcosa di incompleto. Gli stati di perfezione sono per Suarez due: quello acquisito o sacramentale dei Vescovi e dei Presbiteri e quello da acquisire o votivo dei religiosi. Il nostro elogiò ampiamente la spiritualità della Compagnia di Gesù, ad un tempo attiva e contemplativa, commentando per la prima volta gli Esercizi spirituali di Ignazio e chiarendone i punti oscuri. Considerato un secondo Tommaso d’Aquino, massimo esponente della Seconda Scolastica, Suarez fu immediatamente letto, recepito, commentato e discusso sia tra i cattolici che tra i protestanti. Nacque una teologia suareziana con le sue cattedre, sparse per la Spagna e poi abolite nel 1768 dalla monarchia spagnola avviata sul crinale oscuro del riformismo illuminato. Il suarezianesimo fu una forma compiuta di tomismo, nel quadro dei suoi commentatori, anche se molto libera, che alla fine sarebbe stata rimpiazzata dall’attuale Neotomismo. Suarez, che condusse una vita pia, se fosse stato santificato avrebbe immediatamente meritato il titolo di Dottore della Chiesa, essendo considerato di tal fatta anche dai Papi suoi contemporanei e ricevendo, nel quadro dei grandi docenti, il titolo di Dottore Esimio e quello di Principe dei teologi moderni. Fu paragonato a Tommaso per la strutturazione del pensiero in modo enciclopedico e a Bonaventura per la profondità della vita interiore e l’abnegazione della sua consacrazione alla verità. Tutt’altro che mero erudito di certa cultura barocca decadente, Suarez ne espresse il meglio e fu critico attento e metodico di tutte le opinioni, che giunse a soluzioni ponderate solo dopo aver scandagliato ogni possibile ipotesi. Suarez, che ad alcuni, anche illustri, è apparso come un razionalista presuntuoso, fu in effetti il massimo esponente dell’umanesimo cristiano dell’età del Barocco, e quindi pensatore complesso, articolato, a tratti chiaroscurale, ma sempre armonico e positivo. SAN ROBERTO BELLARMINO, DOTTORE DELLA CHIESA Roberto Bellarmino, il maggior teologo controversista della Controriforma, nacque nel 1542 a Montepulciano da una nobile famiglia. Marcello II (1555) era suo zio per parte di madre. Nel 1560 divenne gesuita. Studiò al Collegio Romano laureandosi nel 1563, per poi insegnare a Firenze e a Mondovì retorica. Concluse gli studi teologici a Lovanio nel 1570 e vi fu ordinato prete nello stesso anno. In quella città fu professore e predicatore fino al 1576. Recependo le istanze proprie di quell’ambiente sotto assedio protestante, Bellarmino impostò la sua predicazione in modo controversista, lasciando ai suoi studi lo scopo di esporre positivamente la dottrina cattolica. Nel 1576 assunse la cattedra di teologia controversista a Roma al Collegio gesuita. Il suo insegnamento non fu solo accademico, ma anche spirituale, in quanto molti dei suoi allievi dovevano essere preparati ad uno scontro frontale con l’eresia, scontro che in molti casi sarebbe terminato col martirio. Nel 1588 abbandonò la cattedra per ragioni di salute dedicandosi alla stesura delle sue Disputationes de controversiis Christianae Fidei adversus huius temporis haereticos, in tre volumi, che sarebbero state edite tra il 1586 e il 1593. Nel 1592 divenne rettore del Collegio Romano, di cui era già direttore spirituale. Nel 1593 fu tra i commissari incaricati dalla Compagnia di Gesù di stendere il curricolo degli studi dell’Ordine. Nel 1595 divenne superiore della Provincia napoletana. Nel 1599 fu creato cardinale da Clemente VIII (1592-1605), che lo volle nella Commissione che doveva dirimere la controversia sugli ausili della Grazia, accesasi tra Bañez e de Molina, sulle ceneri del pensiero di Michele Baio. Il Bellarmino difese de Molina, senza esserne seguace, e fu perciò mandato a fare l’Arcivescovo di Capua nel 1602. Paolo V (1605-1621) lo richiamò in Curia nominandolo Padre di molte Sacre Congregazioni, in particolare quelle del Sant’Uffizio e dell’Indice dei Libri proibiti, ma anche di Propaganda Fide e Concistoriale. Polemizzò con Paolo Sarpi (1552-1623), il teologo servita della Repubblica di Venezia durante la controversia sull’interdetto scagliato contro la Serenissima da Paolo V (1606). Predispose l’admonitio del 1616 per Galileo Galilei (1564-1642), che la firmò, impegnandosi a non insegnare la cosmologia copernicana ma a tenerla solo come ipotesi. Fine conoscitore dell’ebraico, al quale dedicò una grammatica pubblicata nel 1619, fu chiamato a preparare la revisione sisto-clementina della Vulgata e approfondì le vite degli autori biblici, facendole confluire in una più vasta raccolta, denominata De Scriptoris Ecclesiasticis, i cui protagonisti giungevano fino ai suoi tempi e che fu stampata nel 1623, dopo la sua morte. Questa avvenne nel 1621, quando il Santo, esausto per la sua diuturna attività, si era ritirato nel noviziato di Sant’Andrea a Roma, col permesso di Gregorio XV (1621-1623). Colà si ammalò e morì. San Roberto Bellarmino scrisse in italiano e in latino. Nella lingua volgare compose la Dottrina Cristiana breve – per i fanciulli - e la Dichiarazione più copiosa della dottrina cristiana (per sacerdoti e insegnanti) – due celebri catechismi rispettivamente del 1597 e del 1598. In latino redasse la De Potestate Summi Pontificis in rebus temporalibus, il De Arte bene moriendi, il De Ascensione mentis in Deum per scala creaturarum, il De gemito columbae, il De septem verbis a Christo in cruce prolatis, il De aeterna felicitate e il summenzionato De Scriptoris Ecclesiasticis e le Disputationes. Le Disputationes sono il suo capolavoro, frutto delle lezioni al Collegio Romano, sintesi ragionata e vasta di tutta la bibliografia controversista del secolo e punto di arrivo insuperabile di quel modo di fare teologia. Esse sono corroborate dai decreti tridentini e sostenute da una incrollabile volontà di esporre positivamente la dottrina cattolica, sulla scia della tradizione umanistica e in concorrenza con quanto fatto in tal senso dai Protestanti. Le Disputationes attingono a piene mani dalla Bibbia e dai Padri. In esse la ricerca metafisica è scissa dalla teologia. Sono divise in tre parti, corrispondenti ad altrettanti volumi: la prima verte sulle fonti della Rivelazione – Bibbia e Tradizione – e sulla Chiesa; la seconda tratta dei Sacramenti; la terza parla della Grazia e della giustificazione. In ciascuna parte, il confronto con il Protestantesimo è serrato. E’ un’opera di cui si avverte distintamente la mancanza nelle letture del clero e degli intellettuali cattolici contemporanei. Il Bellarmino ha approfondito alcuni aspetti importanti della teologia fondamentale, dell’ecclesiologia e della soteriologia. Nella prima, ha chiarito, in polemica con Lutero, che la Rivelazione non può essere solo parola scritta, in quanto quella pronunziata è anteriore a quella vergata su carta, e lo stesso Dio poteva prescindere dalla Scrittura e affidare il Suo messaggio alla mera oralità. Cristo stesso ha affidato il Vangelo agli Apostoli e non ai loro scritti. La Rivelazione è sempre da persona a persona e la Bibbia è un mezzo, non il fine, di essa. La Parola rivelata è tale quando ne è inteso il senso e tale senso è stato svelato agli Apostoli e tramite essi conservato nella Chiesa: diversamente, basterebbe leggere la Bibbia per capirla, mentre essa stessa conserva episodi di personaggi che leggono i Sacri Testi ma non li intendono. Accanto poi alla Scrittura vi è, come altra fonte della Rivelazione, la Tradizione, ossia ogni dottrina, sia scritta che non scritta, che da uno è comunicata ad un altro e che quindi, per la Chiesa, è qualsiasi insegnamento orale raccolto dalla bocca di Cristo dagli Apostoli e dalla bocca di costoro dai rispettivi discepoli e poi giunto fino a noi di generazione in generazione. La Tradizione presuppone ed integra la Scrittura, che ne contiene essenzialmente gli insegnamenti. Questa Parola rivelata è affidata alla Chiesa, che garantisce l’origine e l’ispirazione dei Libri Sacri, ne determina il senso e la predica. La Bibbia, i Padri e la ragione mostrano l’inerranza della Chiesa, che però non giudica, ma interpreta la Rivelazione. Il singolo, assistito dallo Spirito Santo, non può che vedere l’intima armonia con la sua coscienza dell’insegnamento ecclesiastico. In ecclesiologia il Dottore sostiene che la Chiesa militante è la comunità dei fedeli in Cristo, battezzati che professano la medesima fede in Lui, ricevono gli stessi Sacramenti da Lui istituiti e obbediscono ai legittimi Pastori da Lui nominati. La Chiesa dunque è una società visibile, di tipo politico-sociale, nella quale vi sono quindi anche eretici occulti e infedeli nascosti. Questo corpo sociale, in virtù della sua unità, ha un unico capo, che è il Papa, vicario in terra di Cristo, Capo di tutto il Corpo Mistico. Il Papa ha, egli solo, la pienezza del potere apostolico e determina la posizione giuridica dei Vescovi attribuendo loro porzioni del gregge di Cristo. Il Papa è inoltre infallibile in materia di fede. Non ha potere nelle questioni temporali ma solo in quelle spirituali e, in virtù di ciò, indirettamente in alcuni casi ha anche un potere supremo in campo temporale. In effetti il potere temporale è dato da Dio al Re tramite il popolo, mentre quello spirituale è conferito direttamente al Papa. Il potere spirituale è superiore per dignità e fini al temporale, ma anche quando lo giudica e lo depone, non si può mai sostituire ad esso. In soteriologia il Bellarmino prende una posizione mediana tra i competitori nella disputa degli ausili affermando che la Grazia efficace è tale perché coincidente con le disposizioni dell’uomo e congruente con esse. In teologia spirituale il Dottore sottolineò l’importanza del timore di Dio e della pietà, nonché della contemplazione. In quella catechetica il Bellarmino voleva non solo formare i fedeli ma anche aiutarli nella vita quotidiana. Nel suo catechismo più comune, la Dottrina cristiana breve, quello per i fanciulli, il Santo spiegava il significato del nome di cristiano, del segno della Croce, del Credo e della Fede, del Pater dell’Ave e della Speranza, dei Comandamenti dei Precetti della Chiesa e della Carità, dei Sacramenti, della morale, suggeriva il modo di confessarsi, di comunicarsi, di servire la Messa e dava una raccolta di preghiere. Didatticamente semplice, chiaro, essenziale e immediata, la Dottrina cristiana breve ebbe una diffusione enorme in tutto il mondo fino alla promulgazione del Catechismo di Pio X. SAN PIETRO CANISIO, DOTTORE DELLA CHIESA Nacque a Nimega nel 1521 e nel 1531 fece voto di verginità. Iniziò gli studi giuridici ma nel 1543 a Colonia conobbe i gesuiti e decise di entrare tra le loro fila, cosa che avvenne nello stesso. Nel 1546 divenne sacerdote. Nel 1547 fu teologo al Concilio di Trento. Giunto così in Italia, conobbe Sant’Ignazio. Insegnò poi teologia ad Ingolstadt e divenne rettore di quell’Università. Predicò poi a Vienna e redasse, nel 1553, il suo catechismo. Nel 1556 divenne provinciale della Germania, realizzando in essa una prodigiosa espansione del suo Ordine, fino al 1570. Nel 1557 partecipò ai colloqui di Worms tra cattolici e protestanti. Nel 1580 predicò in Isvizzera. Nel 1583 rispose ad alcune obiezioni anticattoliche formulate nelle Centurie di Magdeburgo, dietro esplicito mandato di Pio V (1566-1572). Il Santo morì nel 1597. Apostolo controriformista della Germania, uomo pratico anche nella produzione teologica, poco incline alla sistematica, dedito alla Patristica alla catechetica e alla storia della Chiesa, Pietro Canisio editò diversi testi cristiani antichi – opere di Cirillo di Alessandria, Leone Magno e il Martirologio. Scrisse poi il Commentariorum de Verbi Dei corruptelis – in risposta all’oppugnazione del culto del Battista e della Vergine fatta, come dicevo, nelle Centurie di Magdeburgo – e la Summa Doctrinae Christianae – il suo catechismo. Questo fu il suo capolavoro, lodato anche dal Bellarmino, che lo considerava superiore al suo testo, posteriore e redatto senza conoscerlo. Imposto in tutta la Germania cattolica come libro di testo, questo catechismo era in latino, con duecentotredici domande che poi divennero duecentoventidue. Per gli studenti, il testo si rivelò adatto anche a un pubblico più dotto e il Canisio ne ricavò due forme intermedie, il Catechismus minimus e il Catechismus minor. Universalmente diffuso già mentre l’autore era in vita, il catechismo canisiano tratta innanzitutto della Sapienza – la Fede e il Credo, la Speranza il Pater e l’Ave, la Carità i Comandamenti e i Precetti della Chiesa, i Sacramenti- indi della Giustizia – i peccati veniali e mortali, le opere di misericordia, le virtù cardinali, le Beatitudini, i doni dello Spirito Santo, i consigli evangelici. Al centro della catechesi c’è Cristo, che salva l’uomo e lo chiama a vivere secondo verità e virtù. L’esposizione ha frequenti richiami biblici, patristici, storici e garbatamente apologetici. LUIS DE MOLINA Nacque a Cuenca nel 1535 e fu gesuita nel 1553. Si addottorò a Evora e insegnò sia lì che a Coimbra, luogo del suo noviziato. Tornò in Ispagna nel 1593 e morì nel 1600. Scrisse la Concordia liberi arbitrii nel 1588. Molina, escludendo che la grazia predetermini la volontà umana, spiega la sua efficacia infallibile mediante la previsione divina del futuro consenso della volontà umana all’aiuto della grazia stessa, per cui si vengono a distinguere una grazia «sufficiente», che mette la volontà di ogni uomo in condizione di scegliere l’azione salvifica, e una grazia «efficiente», grazie alla quale, facendo uso anche del suo libero arbitrio, l’uomo mette in opera effettivamente quest’azione. Il molinismo fu la posizione dei Gesuiti nella controversia sugli ausili della Grazia, attualmente ancora irrisolta. ALTRI AUTORI GESUITI Diego Lainez fu teologo; nacque ad Almazán nel 1512 e morì a Roma 1565. Unitosi a Sant’Ignazio a Parigi (1533), fu tra i nove compagni ignaziani e teologo al Concilio di Trento. Qui, in qualità di legato papale, esercitò notevolissima influenza sulle discussioni e sulle decisioni conciliari, specialmente quelle riguardanti la giustificazione e la definizione del dogma sacramentario; nella terza riunione (1562), formulò la dottrina della derivazione della potestà episcopale dal papa. Successe a Sant’Ignazio, prima come vicario generale, quindi (dal 1558) con titolo e potestà di preposito generale. Francisco de Toledo fu teologo ed esegeta; nacque a Cordova nel 1532 e morì a Roma nel 1596. Discepolo a Salamanca di Domenico Soto, conseguito il dottorato si fece gesuita (1558) e, ancora novizio, fu chiamato dal generale Diego Laínez a Roma come professore di filosofia (1559-63) e teologia (1563-90) nel Collegio Romano. Nel 1569 fu nominato da Pio V teologo della Sacra Penitenzieria. Ebbe poi vari incarichi diplomatici in Polonia (1572), in Germania e in Belgio (1580), ove promulgò la condanna di Baio. Gregorio XIV lo aggregò ai revisori della Vulgata, e Clemente VIII lo creò cardinale (1593). È autore di commenti ad Aristotele, a San Tommaso e di trattati esegetici. Juan Maldonado nacque a Casas de Reina nel 1533 e morì a Roma nel 1583. Teologo ed esegeta, Maldonado diede grande importanza alla Scrittura, ai Padri, alla Tradizione e ai teologi, relegando i filosofi al livello più basso tra le fonti. I suoi Commentari sui Vangeli sono considerati tra i migliori mai pubblicati. Egli eccelleva nella spiegazione del senso letterale e nella comprensione del testo, raccogliendone il senso più appropriato e più vero, senza lasciare non esaminata alcuna difficoltà. Maldonado ha svolto un ruolo importante nella demonologia francese. Gabriel Vazques nacque nel 1541 a Belmonte e morì ad Alcalà de Henarez nel 1604. Fece i suoi studi primari a Belmonte e ad Alcalá per filosofia, dove entrò nella Compagnia di Gesù il 9 aprile 1569. In seguito insegnò teologia morale due anni nel collegio di Ocaña, altri due a Madrid e per qualche tempo ad Alcalá. Da lì fu chiamato a Roma per occupare lo stesso posto al Collegio Romano. Rimase sei anni a Roma, poi tornò ad Alcalá, dove insegnò teologia fino alla sua morte. Era noto per la sua esatta conoscenza delle diverse scuole e per la chiarezza di espressione e per il suo metodo filosofico rigoroso. Fece uno studio completo sugli scritti di Sant'Agostino. A volte differiva dal punto di vista generale delle Scuole, difendendo le sue opinioni private. La legge naturale consiste nella natura razionale considerata in se stessa e nel riconoscimento che certe azioni sono necessariamente in accordo con essa e che altre invece le ripugnano. Tuttavia, egli asserisce che per la legge naturale l’uomo può anche avere cognizione di ciò che la legge divina prescrive. Le idee divine sono la specie espressa delle creature possibili e future. Queste idee quindi concorrono a distanza nella creazione degli enti; il loro principio prossimo è la potenza attiva divina con cui Dio crea in realtà ed efficacemente. Gabriel cita la prova ontologica di Sant'Anselmo, condividendola. L'eternità è, secondo lui, duratio permanens, uniformis, sine principio et multa, mensura carens , definizione che differisce da quella adottata da Boezio e seguita nelle scuole. La Grazia è necessaria per compiere tutte le buone azioni e superare la tentazione. Per Grazia Vazquez intende tutti i buoni impulsi che sollecitano efficacemente alla giusta azione. Essi possono derivare anche da cause naturali, ma poiché queste sono regolate dalla Divina Provvidenza, devono essere considerate come un dono di Dio, concesso attraverso i meriti di Cristo e per un fine soprannaturale. La predestinazione è post praevisa merita. Dalla morte di Cristo, il battesimo è per i bambini l'unico mezzo di salvezza; per loro il martirio ha la virtù di giustificare il battesimo ad instar; ma negli adulti giustifica solo a causa dell'atto di carità. Gregorio de Valencia fu teologo e nacque a Medina del Campo nel 1545 e morì a Napoli nel 1603. Professore di dogmatica a Dillingen (1573-75), poi a Ingolstadt (1575-92), più tardi prof. e prefetto degli studi al Collegio Romano (1598), tra i suoi scritti ebbero molta fortuna i Commentarii theologici. Tommaso Sanchez nacque a Cordova nel 1550 e morì a Granada nel 1610. Nel 1567 entrò nella Compagnia di Gesù. La sua prima domanda era stata rifiutata perché aveva difficoltà a parlare; tuttavia, dopo aver pregato davanti a un dipinto della Madonna venerata a Cordova per la liberazione di questo difetto, la sua richiesta fu concessa. Tenne la carica di maestro dei novizi a Granada. Gran parte del suo tempo fu dedicato alla composizione delle sue opere. Morì di una infiammazione al petto. I suoi contemporanei attestano che il suo zelo a fare penitenza avrebbe eguagliato quello dei primi eremiti e, secondo il suo direttore spirituale, conservò la sua innocenza battesimale alla tomba. Uno dei suoi meriti fu quello di porre diritti paritari dell'uomo e della donna nella vita coniugale. La relazione tra i coniugi, avendo tempi e sensibilità differenti, deve essere organizzata in modo tale che gli uomini facessero arrivare le donne allo stesso loro orgasmo, che doveva essere precondizione della generazione. L'opera Tractus sancto de matrimonio ebbe grande fortuna per le numerose pagine dedicate, direttamente o indirettamente, alla sfera intima nell'ambito matrimoniale. Theorèin - Gennaio 2018 |