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HOMO RELIGIOSUS Antropologi, storici, filosofi e dotti della Chiesa Cattolica contemporanea Il panorama della teologia cattolica del Novecento e del XXI secolo, sebbene sommario, non sarebbe completo se si prescindesse da alcuni importanti elaborazioni concettuali dei tempi nostri. Innanzitutto lo studio antropologico dei fatti religiosi, la maggiore acquisizione umanistica dei tempi nostri. Indi la riflessione filosofica funzionale al rapporto tra Chiesa Cattolica e religioni non cristiane. Ancora, la ricostruzione storica della vita della Chiesa stessa e del Cristianesimo. Inoltre, l’apporto del Cattolicesimo Democratico alla vita politica e sociale contemporanea. I CRISTIANI, I CATTOLICI E LA STORIA DELLE RELIGIONI Disciplina sempre esistita, alle soglie del XX secolo essa si preparava a diventare la più grande novità all’interno della pur essa nuova antropologia culturale. Due erano gli approcci classici: il diffusionismo – relativo alle religioni cosiddette (allora) primitive – e quello della Scuola della Storia delle Religioni – applicato allo studio delle mutue relazioni tra la religione ebraica e le religioni del Vicino Oriente. Il primo aveva un metodo storico-geografico e il secondo uno storico nel quadro di una visione storicista. Il sorgere delle scienze umane rese lo studio della Storia delle Religioni più difficile, più complesso e alla fine più fecondo. Gli studi di Emile Durkheim (1858-1917) e quelli di Sigmund Freud, nonché la nascita della Fenomenologia della Religione sono i fatti che esercitano l’influsso più rivoluzionario e che contribuiscono ad un rimescolamento delle carte nel gioco in questione. Tirando rapidamente le somme, le Scuole che hanno poi esercitato una maggiore influenza in questa disciplina sono le seguenti. Anzitutto la Scuola Romana, dalla forte impostazione storicista, che fa della religione una variante di fatti ed eventi storici, che ha studiato soprattutto il paganesimo classico e nella quale i cattolici non hanno avuto alcun ruolo. Fu dominata dal razionalismo di Raffaele Pettazzoni (1883-1959) e poi dal pensiero di Antonio Gramsci (1891-1937). La seconda è la Scuola Francese, di maggior prestigio e tradizione. Il Collegio di Francia ebbe una cattedra di Storia delle Religioni e l’affidò al protestante Albert Réville (1826-1906); l’Istituto Cattolico di Parigi si diede la “Revue des Religions”; Charles Harlez de Deulin (1832-1899), sacerdote cattolico, fu il primo grande iranista della storia contemporanea. La metodologia della Scuola Francese dovette molto a Durkheim e alla sua sociologia, a Claude Lévi Strauss (1908-2009) e al suo Strutturalismo e a Mircea Eliade (1907-1986). Nel panorama francese quattro sono i centri di forte cultura cattolica: l’Istituto Cattolico di Parigi, il Centro di Storia delle Religioni dell’Università di Liegi, il Dipartimento di Scienze delle Religioni della Sorbona e il Centro di Storia delle Religioni dell’Università Cattolica di Louvain-la-Neuve. Esse accentuano molto lo studio dell’aspetto simbolico delle religioni e quello antropologico dell’homo religiosus. La terza è la Scuola di Marburgo, anch’essa segnata dall’influenza cristiana attraverso Rudolph Otto (1869-1937), illustre intellettuale protestante. Essa abbracciò il metodo fenomenologico e diede una solida base teologica a quei credenti che volevano fare storia e fenomenologia della religione. Non sola in Germania, questa Scuola fu in essa la più influente. La quarta è la Scuola di Chicago, emanazione di Mircea Eliade, intellettuale ortodosso poi migrato verso lidi assai diversi gli uni dagli altri, incluso l’esoterismo. I suoi studi, incentrati sull’homo religiosus, hanno una matrice antropologica ed antropocentrica, volti a sigillare nello scrigno delle cose imperdibili i molteplici significati del sacro nel passato e nel futuro dell’umanità. La quinta è la Scuola di Grominga in Olanda, ispirata da Cornelius Petrus Thiele (1830-1902), sommo studioso protestante, ma anche da Wilhelm Dilthey (1833-1911) e da Edmund Husserl, nonché da Rudolph Otto. Come si vede, anche questa Scuola ha un influsso cristiano anche se bilanciato e di recente si è aperta alle suggestioni dell’Antropologia Sociale americana, considerando la religione come una funzione della cultura di ogni popolo. La conseguenza è stata una diminuzione dell’influsso cristiano e trascendente su di essa. La sesta è la Scuola di Uppsala che, accanto a Stoccolma e a Lund, è un centro chiave dello studio religioso in Svezia. Ne fu ispiratore il vescovo luterano Nathan Söderblom, che quindi le garantì un buon influsso cristiano. La settima è la Scuola di Lancaster, caratterizzata da una empirica e strutturata collaborazione tra tutte le discipline interessate allo studio della storia religiosa. GLI STORICI DELLA RELIGIONE: PIETRO TACCHI VENTURI Nacque a San Severino Marche nel 1861 e fu gesuita. Curò i Commentari di Matteo Ricci e collaborò alla Civiltà Cattolica. Fu segretario generale della Compagnia di Gesù. Scrisse la prima importante Storia delle Religioni in italiano, nel 1934. Egli in essa prese posizione contro l’evoluzionismo ed ebbe una matrice a tratti apologetica e polemica, conformemente alla cultura dell’epoca. Tacchi Venturi morì nel 1956. GLI ANTROPOLOGI: MARCEL JOUSSE Nacque nella Sarthe nel 1886. Fu libero docente alla Sorbona, professore alla Scuola di Antropologia e alla Scuola Pratica di Alti Studi. Morì nel 1961. Autore di diverse opere antropologiche come L’antropologia del gesto e La manducazione della parola, Jousse ha un pensiero che parte dal presupposto che l’uomo sia eminentemente recettivo. Il gioco antropologico del reale è dinamico, interazionale e recettivo, basato sul corpo. Esso ha uno schema ternario imperniato sull’uomo propriamente detto, sull’agente e sull’operato. Il gesto è proposizionale, perché enuncia gli oggetti proposti alla memoria mediante uno stile orale di tipo corporale. Il gioco quindi segue una necessità e la realtà opera un montaggio nell’uomo di vari mimemi, in base alla sua predisposizione, detta mimismo. L’uomo rigioca i mimemi attraverso la memoria anche quando il reale è trascorso nel passato. Jousse separa l’algebrosi che verte sull’espressione verbale dall’antropologia del gesto che caratterizza l’oralità. In ragione di ciò Jousse dedica risorse notevoli all’individuazione del passaggio dalla cultura orale a quella scritta, individuando due assi per i quali esso passa: semplificazione della comunicazione e degradazione dell’espressione in base all’allontanamento dal reale. Da questo punto di vista, Jousse ha messo in evidenza come la comprensione del passaggio dalla dimensione orale a quella scritta dei Vangeli è la chiave di volta per la soluzione di tutte le loro questioni critiche. Parallelismo e formulismo sono gli strumenti principi per l’assimilazione mnemonica della tradizione biblica, anche neotestamentaria. Secondo Jousse, che parte da un punto di vista linguistico ed antropologico, i Vangeli sono calchi greci di formule aramaiche e la loro comprensione passa attraverso tre lingue: ebraico, greco ed aramaico. Il processo di formazione del NT avvenne dall’ebraico al greco e da questo all’aramaico e non diversamente. LA FILOSOFIA RELIGIOSA: GABRIEL MARCEL Marcel nacque nel 1889 e si convertì al Cattolicesimo nel 1929. Morì nel 1973. Scrisse Il Giornale metafisico, Essere e avere, Dal rifiuto all’invocazione, Homo viator, Posizioni ed approcci concreti del mistero ontologico, Il mistero dell’essere, Il declino della saggezza, L’uomo problematico e numerose Lettere a Ricoeur. Egli arrivò alla Fede al termine di un itinerario di ricerca intellettuale. Per Marcel il punto di partenza non è il cogito ma il sum, in quanto la consapevolezza dell’esistenza crea relazione con gli altri e con Dio. Il senso dell’incarnazione ha portato il filosofo alla conversione, in quanto in essa ha riscontrato la condizione di verosimiglianza del Cristianesimo e di somiglianza tra esso e il suo pensiero. Il senso cristiano del pensiero di Marcel è dunque un senso acquisito, ma connaturato alla sua essenza. L’esistenza è un compito che esige di essere svolto in relazione agli altri. Simile a Jaspers per il concetto dell’uomo in situazione e ad Heidegger per la riflessione ontologica, Marcel si differenzia da loro proprio per l’accento posto sul significato dell’esistere. Risolversi per Dio dona questo senso, ma la dimostrazione della Sua esistenza è un tema fuorviante. L’essere dell’esistenza conferisce all’uomo la certezza dell’esistenza divina, al di là della dimostrazione. Infatti Dio non è un teorema da enunciare ma un mistero a cui avvicinarsi, sapendo che è proprio del mistero essere avvicinato. Non conta la cogenza delle prove, ma l’interrelazione personale con Lui. Oggi tale percezione è ottusa dall’incredulità e dalle conseguenti forme di vita dell’uomo. La filosofia di Marcel è dunque una filosofia religiosa. E’ attaccata al Cattolicesimo. Offre se stessa anche a chi non è credente. Si configura come una riflessione recuperatrice del senso dell’esistenza e del suo rapporto col mistero dell’essere. POLEMICA, TEOLOGIA E FILOSOFIA: GASTON FESSARD Nacque a Elbeuf-sur-Seine nel 1897. Novizio gesuita nel 1913, partecipò alla Prima Guerra Mondiale. Laureato in filosofia e diritto, nel 1926 tradusse in francese la Fenomenologia dello Spirito di Hegel. Fu ordinato prete nel 1928 e nel 1930-1931 completò il noviziato, interrotto a causa del conflitto. In quell’anno scrisse La dialettica degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. Redattore e segretario di diverse riviste, fu assiduo frequentatore di importanti seminari universitari hegeliani assieme ad altri grandi intellettuali. Nel 1935, dinanzi all’intraprendenza minacciosa di Hitler, pubblicò Pax Nostra, sulla situazione politica internazionale. Nel 1937 pubblicò Il dialogo cattolico-comunista è possibile?, con il quale prese posizione contro l’avvicinamento tra Chiesa e marxismo, commentando magistralmente i Manoscritti del 1844 di Marx. Con Epreuve de force del 1938 prese posizione contro gli Accordi di Monaco; tale opera entrò nella lista nera nazista quando la Francia fu occupata. Nel 1940, predicando a Vichy, dichiarò il nazismo e l’antisemitismo incompatibili con la fede cristiana, mentre l’anno dopo scrisse France, prends garde de perdre ton âme, diffusa clandestinamente, sempre contro i tedeschi. Sfuggito all’arresto della Gestapo nel 1944, nello stesso anno pubblica Autoritè et bien commun. Finita la II Guerra Mondiale, Fessard scese in lotta contro il Comunismo con France, prends garde de perdre ta liberté!, Paix ou guerre. Notre Paix, Libre méditation sur un message de Pie XII, rispettivamente del 1946, del 1951 e del 1957. Nel 1960 pubblica De l’actualité historique, che analizza l’insuccesso dei preti operai. Docente allo Scolasticato di Filosofia di Chantilly dal 1962, vi riprende la Dialettica degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola aggiungendovi due tomi e vi compone saggi su Lévi-Strauss, Marx e Hegel, nonché La philosophie historique de Raymond Aron. Tra il 1972 e il 1978 scrive Chrétiens marxistes et théologie de la liberation e Eglise de France, prends garde de perdre la Foi, uscito postumo a cura di De Lubac. Morì nel 1978. Fessard parte da Hegel e da come egli è stato poi sviluppato o contestato per costruire un metodo di decisione storica, dotato di un lato soggettivo – basato sulla filosofia del linguaggio – e uno oggettivo – basato su quella della storia. Nel pensiero di Fessard alcuni temi sono fondamentali. Il primo è la riflessione sul senso storico, ossia la risposta alla domanda sulla possibilità che l’assoluto eterno ed immutabile entri nel relativo temporale e in divenire. Fessard dimostra che né l’Idealismo né l’Esistenzialismo né la Fenomenologia, privilegiando il primo l’assoluto e i secondi il relativo, risolvono il problema, che tuttavia condiziona profondamente la vita di ognuno di noi. Il secondo è la constatazione del fallimento dell’umanesimo ateo. Esso prende le mosse da Hegel ma si risolve in un grande ed inutile tentativo di fare della storia umana una teogonia senza trascendenza. Mantenutasi nel marxismo, questa impostazione, irriducibile al Cristianesimo, mostra la sua inanità con le sue orribili realizzazioni storiche. Il terzo è la scoperta di tre livelli di storicità: il teorico, il pratico e quello sintetico che per il nostro si identifica con il Cristo, autentica manifestazione fenomenica del trascendente nella storia dell’uomo, che diversamente non potrebbe giungere all’assoluto. In questo modo si realizza la vera sintesi di logica e storia, cercata da Hegel, e di teoria e prassi, cercata da Marx. Il quarto è la distinzione di diverse dialettiche nel divenire umano e cristiano. Esse sono maestro-schiavo, uomo-donna e pagano-giudeo. Attraverso esse si sviluppano le categorie della cultura e della vita sociale e religiosa, ma l’ultima contrapposizione è quella fondamentale. Infatti essa si risolve in una ontologia soprannaturale della storia, incentrata su Gesù Cristo, il Quale, come Verbo Incarnato, dà senso e compimento alla ragione umana, pur trascendendola. Il quinto tema è il mistero del linguaggio umano e divino. Secondo Fessard è tramite la Parola che Dio crea il mondo, ma è aderendo ad essa che l’uomo entra nel Piano divino e lo realizza. Infine, il sesto tema è la risoluta affermazione della contemporaneità del Cristo per ogni uomo, che però avviene, a dispetto di Kierkegaard, attraverso la Chiesa Gerarchica, che è Corpo e Sposa di Cristo e compimento dell’Antica Alleanza. TRA STORIA, FILOSOFIA E TEOLOGIA: GIUSEPPE TUCCI Nacque a Macerata nel 1894. Fu precoce orientalista. Nel 1925 si recò a Bombay in India e vi stette fino al 1930 insegnando cinese e tibetano, editando testi buddhisti, presso le Università di Shantiniketan e Calcutta. Dal 1926 iniziò a fare spedizioni in Tibet, arrivando alla fine a sette, per cui pubblicò gli Indo-tibetica e i Tibetan Painted Scrolls. Dal 1950 al 1954 fece sei spedizioni in Nepal e Sikkim, in Assam e sul Karakorum. Nel 1955 iniziò gli scavi archeologici in Pakistan, continuati in Afghanistan nel 1957 e in Iran nel 1959. I risultati confluirono nella Serie Orientale Roma e nei Reports and Memoirs. Restaurò Persepoli ed Esfahan, ordinò i Musei di Swat, Kabul e Ghazni. Fondò a Roma il Museo Nazionale di Arte Orientale. Pubblicò numerose opere come Santi e briganti nel Tibet ignoto, Italia e Oriente, A Lhasa e oltre, Fra giungle e pagode, La via dello Swat. Fu il più grande orientalista del XX secolo. In Italia insegnò religioni e filosofie dell’India e dell’Estremo Oriente, nonché Tibetano. Accademico d’Italia, fondò a Roma l’Istituto di Studi per il Medio e l’Estremo Oriente. Uomo di profonda fede, scrisse a San Giovanni Paolo II in punto di morte e volle i Sacramenti. Pregò sempre con tutti: musulmani, indù, tibetani, ma rimanendo sempre cattolico. I suoi titoli sono trecentosessanta. Morì nel 1984. LA STORIA DELLA CHIESA: HUBERT JEDIN Nacque a Grossbriesen nel 1900 e studiò teologia nelle università di Breslavia, Monaco e Friburgo dal 1918 al 1923, specializzandosi nelle ricerche storiche presso l'Archivio Segreto Vaticano dal 1926 al 1930. Fu professore di Storia della Chiesa a Breslavia, a Roma dal 1930 al 1939 e di nuovo a Breslavia come archivista di quella arcidiocesi dal 1936 al 1939. Per sfuggire ai nazisti si trasferì nuovamente a Roma come Bibliotecario del Camposanto teutonico. Dal 1949 fu professore di Storia della Chiesa presso la Facoltà di teologia cattolica dell'università di Bonn e direttore delle molteplici collezioni che fanno capo al Corpus Catholicorum della Görresgesellschaft. Jedin morì nel 1980. Gli orientamenti storiografici e metodologici di tutta l'opera dello Jedin furono una impostazione positiva e il superamento dell’intento apologetico. Il principale oggetto degli interessi storiografici di Jedin fu il problema del Concilio di Trento e della Riforma cattolica. Scrisse Die Erforschung der kirchlichen Reformationsgeschichte seit 1876, Geschichte des Konzils von Trient, Katholische Reformation oder Gegenreformation?, la raccolta di studi Kirche des Glaubens, Kirche der Geschichte. Ha diretto il fondamentale Handbuch der Kirchengeschichte. LA FILOSOFIA RELIGIOSA: JEAN GUITTON Nacque a Saint-Etienne nel 1901. Orientatosi agli studi di filosofia, ebbe sempre a cuore la letteratura. Conobbe bene la storia e la critica dei dogmi. Si impegnò contro il Modernismo. Fu imprigionato dai nazisti dal 1940 al 1945. Dopo la Guerra riprese ad insegnare alla Sorbona. Partecipò come uditore al Concilio Vaticano II. Morì nel 1999. Guitton scrisse numerose opere, tra cui vanno menzionati L’Eglise et l’Evangile, Ritratti, Renan e Newman, Il pensiero di Loisy, La critica della critica, Il problema di Gesù, Il tempo e l’eternità in Plotino e Sant’Agostino, L’esistenza temporale, Filosofia della Resurrezione, Breve trattato di fenomenologia mistica, Il Giornale della mia vita. Il suo progetto è quello di un filosofo cristiano. Sia che tratti temi religiosi sia che si volga a temi culturali, egli è sempre orientato al Cristo. Ciò avviene sia perché ogni credente cerca sempre nuovi motivi per la sua Fede, sia perché cerca punti di contatto con i non credenti. Tra di essi tuttavia Guitton vuole essere sempre cattolico, senza rinnegare i suoi dogmi, pur essendo disponibile a criticarne un peso eccessivo. Guitton non ha una idea direttrice. Evoca le grandi figure del passato filosofico, specie se lo hanno influenzato. Raccoglie le sfide dell’esegesi positivista e le supera. Propugna l’alleanza tra fede e ragione per evitare che la prima violenti i fatti e la seconda si volga agli idoli. Insegna a rimanere fedeli alla Tradizione ma non ai pregiudizi. Egli cerca di dimostrare la solidità del fatto cristiano e il modo in cui esso si addica a tutte le dimensioni dell’essere. La verità sta tra storia e ragione, mediata dalla Fede. Così Guitton recupera uno spazio vitale per il Cattolicesimo e per riavvicinare gli spiriti alla verità. LA STORIOGRAFIA E LA FILOSOFIA DELLA STORIA: HENRI IRÉNÉE MARROU Nacque in Provenza nel 1904. Fu allievo della Scuola Normale Superiore, poi membro dell’École de France de Rome e studiò all’Istituto Francese di Napoli e a quello del Cairo, per poi addottorarsi in Lettere nel 1938. Fu professore universitario a Nancy, Montpellier e Lione, per poi approdare alla Sorbona dove rimase dal 1945 al 1977 come ordinario di Storia del Cristianesimo. Fondò il Centro di Ricerche Le Nain Tillemont sul Cristianesimo Antico. Diresse importanti opere collettive. Scrisse centonovantuno opere. Fu ascritto all’Accademia delle Iscrizioni e delle Belle Lettere e a molte accademie straniere. Storico, filologo, epigrafologo, archeologo, filosofo e teologo, Marrou dimostrò la continuità retorica ed educativa tra la Classicità e il Tardo Antico cristiano, contestando la leggenda della decadenza di Roma e della Grecia causata dalla nuova religione. Dimostrò anche che la Chiesa antica seppe contemperare pluralismo ed accentramento. Infine sottolineò l’importanza dell’elemento soggettivo nella ricerca storica, quale elemento chiave di una avventura intellettuale interminabile. Morì nel 1977. TEORIA E PRASSI DEL CATTOLICESIMO POLITICO: IL SERVO DI DIO GIORGIO LA PIRA Nacque a Ragusa nel 1904. Si laureò in Legge nel 1927 e divenne assistente all’Università di Firenze. Nel 1937 divenne professore di Diritto Romano. Sotto il Fascismo fondò la rivista “Principi”, antirazzista e antifascista. Si fece ispirare dai Padri della Chiesa, da Tommaso d’Aquino e da Maritain. Perseguitato dai fascisti, dovette rifugiarsi in un convento domenicano a Roma. Deputato alla Costituente italiana nel 1946, ebbe un ruolo chiave nella stesura della Costituzione. Nel 1948 fu eletto Deputato alla Camera e confermato nel 1953 e nel 1958. Fu Sindaco di Firenze dal 1951 e dal 1960 al 1965. Collaborò a Cronache Sociali e tenne una politica riformista assai attenta ai bisogni sociali dei poveri. Nel 1955 organizzò un summit dei Sindaci delle principali città del mondo, comprese Mosca e Pechino, per promuovere la pace. Si recò personalmente a Mosca e a Hanoi nel 1959 e nel 1965. Realizzò Incontri Internazionali per la Pace e la Civiltà Cristiana. Collaborò con Daniélou per i Colloqui mediterranei. Si impegnò per il dialogo interreligioso tra i monoteismi. Nel Postconcilio, pur essendo ancora Presidente della Federazione Mondiale delle Città Unite e lavorando per la Conferenza di Helsinki, il suo spirito di uomo senza compromessi ne causò l’eclisse. Amico di Aldo Moro e di Amintore Fanfani, ebbe relazioni epistolari assai strette con le Suore di Clausura alle quali indirizzò numerose Lettere o Colloqui. In genere, il suo epistolario è la maggiore opera che attesta il suo pensiero. Fu terziario domenicano. Morì nel 1977. L’ANTROPOLOGIA: JULIEN RIES Julien Ries è considerato il più grande antropologo religioso del nostro tempo. Nacque a Fouches, presso Arlon, nel Lussemburgo belga, nel 1920. Frequentò dal 1933 al 1941 il seminario di Bastogne. Dal 1941 al 1945 ha frequentato il seminario maggiore di Namur, dove è stato ordinato sacerdote nel 1945. Ha proseguito gli studi di teologia e di orientalistica all’Università Cattolica di Lovanio, dove è rimasto dal 1945 al 1950. Nel 1948 si è laureato in teologia e nel 1949 in filosofia e storia orientale. Nel 1957 ha conseguito il dottorato in teologia. Durante il periodo universitario ha anche prestato servizio pastorale nella diocesi di Namur. Negli anni 1949-1950 è stato vicario a Martelange, poi dal 1950 al 1959 docente di religione all’ateneo di Athus, quindi è stato nominato parroco-decano di Messancy, incarico mantenuto dal 1959 al 1968, anno in cui ha iniziato il ministero di parroco di Suarlée conclusosi nel 2000. Da quell’anno fu cappellano della Famiglia Spirituale L'Oeuvre nella casa madre di Villers-Notre-Dame. Nel 1960 è stato nominato professore incaricato all’Università di Lovanio. Nel 1968 i vescovi del Belgio lo hanno designato professore di Storia delle Religioni presso la Facoltà di Teologia e l’Istituto Orientalista, incarico mantenuto fino al 1991. La sua attività si è rivolta alle religioni orientali, in particolare alle figure di Mitra e di Zaratustra, e poi all’Induismo, al Buddhismo e all'Islam. Ha realizzato studi sul sacro, il mito, il rito, i simboli. Si è specializzato anche nello studio delle religioni dell’Egitto faraonico, dello gnosticismo, del manicheismo e delle antiche religioni germaniche e scandinave. Ha fondato il Centre d’Histoire des Religions dell’Université Catholique di Louvain-la-Neuve e ha creato e diretto quattro raccolte di pubblicazioni di storia delle religioni: le collane Homo Religiosus, Cerfaux-Lefort, Information et Enseignement e Conférences et Travaux. Nel 1969, durante la ricostruzione dell’Università francofona a Louvain-la-Neuve, è stato incaricato della creazione del Centro Cerfaux-Lefort per riorganizzare la biblioteca universitaria. Vi ha lavorato fino al 2011, occupandosi delle grandi raccolte di libri e riviste per Louvain-la-Neuve, per i Paesi dell’est dell’Europa e per l’Africa francofona. Dal 1975 al 1980 è stato Presidente dell’Institut Orientaliste di Louvain-la-Neuvee, dal 1979 al 1985, consultore del Segretariato per i non cristiani. Nel 1986 l’Académie Française gli ha conferito il premio Dumas Millier e nel 1987 il premio Furtado. Dal 1982 al 2000 ha partecipato diciassette volte come conferenziere al Meeting per l'amicizia tra i popoli di Comunione e Liberazione. Dopo essere divenuto professore emerito, Ries ha tenuto lezioni all’Institut Catholique di Parigi e un altro presso la Facoltà di Teologia di Lugano. Al suo attivo annovera seicentoquarantacinque titoli. Fra le sue pubblicazioni, da ricordare Il Sacro nella storia religiosa dell’umanità. Un centinaio di articoli sono contenuti nel Dizionario delle Religioni. Ha diretto il Trattato di Antropologia del Sacro, opera monumentale in dieci volumi alla quale dal 1989 hanno collaborato i maggiori specialisti di tutto il mondo, giunta a compimento nel 2009. Nel 2009 ha donato all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano la sua biblioteca, la totalità dei suoi manoscritti, appunti e fogli relativi a corsi e, soprattutto, le corrispondenze che ha avuto con storici delle religioni di tutto il mondo, per circa ottomila pezzi tra editi e inediti che costituiscono l'Archivio "Julien Ries" per l’antropologia simbolica. Nel 2010 l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano gli ha conferito la laurea magistrale honoris causa in Filosofia della persona e bioetica «per il valore intrinseco dei suoi studi, per la sua instancabile operosità scientifica e culturale, per l'apporto decisivo che le sue indagini sul fenomeno religioso hanno fornito alla comprensione della specificità propria dell'essere dell'uomo in quanto homo religiosus». Nel 2012 è stato nominato Arcivescovo titolare di Belcastro e Cardinale da Papa Benedetto XVI. Julien Ries è morto nel 2013 a Tournai. Ries definisce la sua indagine “Antropologia religiosa” o “Antropologia del sacro”. L'esperienza religiosa ha per lui un sostrato unitario e caratteri costanti ma nel contempo è varia e multiforme, in quanto situata all'interno di contesti storici. Ries prende sempre come primario l'elemento storico e culturale, essendo diverso dalle correnti strutturaliste dell'antropologia e da alcune prospettive fenomenologiche. L'esperienza religiosa è per Ries esperienza del sacro, quale realtà trascendente e misteriosa – secondo la lezione di Rudolf Otto – che presuppone la “rottura di livello”, cioè un'interruzione della dimensione ordinaria nella quale viviamo, teorizzata da Mircea Eliade. Esperienza umana e realtà del sacro trovano il loro punto d'incontro nell'homo religiosus, la chiave di volta dell'edificio concettuale di Ries. L'homo religiosus è, appunto, l'uomo che vive l'esperienza del sacro, fa esperienza di una realtà che lo trascende, valorizza la sua esistenza e le dà senso. L'uomo è naturaliter religiosus, perchè la religiosità è inscritta nel suo essere naturalmente e necessariamente e la completezza dell'esperienza umana non può essere conseguita che realizzando tale religiosità naturale. Questa duplice tematica ricalca gli assunti di Mircea Eliade, che Ries riprende e ridefinisce, mentre polemizza con quelle prospettive che negano, con varie motivazioni, la validità euristica del concetto di homo religiosus, ripensandole nelle forme dell’ermeneutica di Paul Ricœur (1913-2005) e degli studi sull'immaginario di Gilbert Durand (1921-2012). La storia delle religioni è la ricerca delle tracce dell'homo religiosus attraverso lo studio delle sue produzioni culturali dal paleolitico fino ai giorni nostri. Limitarsi a vivere la propria esperienza religiosa è possibile, ma l'uomo si accosta più consapevolmente al sacro facendo proprie le esperienze religiose di tutta l'umanità. La via per farlo è ricostruire storicamente queste esperienze, ma il sapere e il discorso storico non sono finalizzati alla storia e a semplici esigenze di curiosità intellettuale, mirando invece a un arricchimento progressivo di ciascuno, attraverso il confronto con ciò che è tipicamente umano. In questo processo di arricchimento svolge un ruolo essenziale la conoscenza dell'esperienza religiosa cristiana, vissuta in prima persona da Ries. Con lui abbiamo un nuovo campo del sapere, l'Antropologia religiosa fondamentale. Ries riprese un'intuizione di Eliade, l'Homo religiosus, e ha cercato di renderla operativa nel lavoro di storico delle religioni. L'Homo religiosus non era ritenuto da alcuni scientificamente rilevante, sia nello strutturalismo che nel conservatorismo cattolico. Ries studiò l'arte preistorica di quarantamila anni di pitture e graffiti rupestri, impegnandosi per l'UNESCO nel lavoro di classificazione della Rock Art condotto dal Centro Internazionale di Capo di Ponte in Valcamonica. Ries si interessò poi dei nuovi lavori di paleoantropologia. In tale branca lui Yves Coppens (1934-) concordarono sul fatto che da due milioni e mezzo di anni fa l'Homo Habilis fu simbolico, artista e religioso. Ries si aprì così agli studi della religiosità prima delle religioni e questo comportò il formarsi di un'antropologia religiosa che evidenziò le costanti del sacro a partire da un metodo storico, archeologico, fenomenologico ed ermeneutico. Le costanti ne erano il mito, il simbolo e il rito, per cui l'antropologia del sacro è il suo punto di intervento. L'Homo religiosus è dunque anteriore alle religioni storiche e vive accanto ad esse ed in esse e le può anche contestare nel loro sclerotizzarsi. Di fronte a fenomeni come i fondamentalismi contemporanei l'antropologia religiosa può vedere al di là della storia delle religioni, imputadoli ai moderni moti politico-sociali e non alle religioni. Ries fu così in accordo con Sami Zubaida (1937-). Per Ries in ogni grande momento di crisi (Ellenismo, Umanesimo, Illuminismo, Secolarismo) c'è sempre l'Homo religiosus. Le "crisi" sono fattori che palesano tale avvenimento. In tale prospettiva si colloca l’apporto di Ries alla dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II. Il nostro non cerca una dottrina media che metta in rapporto uomini e studiosi di religioni diverse, ma chiede di arrivare all'Homo religiosus da parte di ogni religione. Ries considera il cristiano, cosciente del mistero trinitario per cui Cristo è morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini, facilitato a raffrontarsi con ogni altra cultura e religione guadagnando da esse la profondità religiosa secondo i loro diversi carismi e ravvisando in esse i semina verbi, che sono anche i semi dello spirito. L’ANTROPOLOGIA: RENE’ GIRARD Girard nacque ad Avignone nel 1923. Studiò all’Ecole de Charte e poi nell’Università dell’Indiana. Fu professore alla State University di New York e alla John Hopkins University. E’ morto nel 2015 a Stanford. Critico letterario di grande rilievo, ci interessa in quanto antropologo della religione. Su tale argomento scrisse Mensogne romantique et vérité romanesque, La violence et le sacré, Des choses chacées depuis la fondation du monde, Le bouc émissaire, La route antique des hommes pervers, Shakespeare les feux de l’envie, Je vois Satan tomber comme l’éclaire. Il punto di partenza della riflessione girardiana è che l’uomo non desidera mai un oggetto scelto liberamente, ma che questo gli viene additato da un terzo. Partendo da questa triangolazione del desiderio, desunto dalla letteratura, Girard fa una ricerca sui miti primitivi e i loro rituali, giungendo alla conclusione che il desiderio mimetico, evidentemente negato anche quando si realizza, ha una violenza originaria, che si scarica su un capro espiatorio. L’essenza del sacro è la concezione stessa del sacrificio. Inoltre, la genesi della cultura e il processo di ominizzazione si compie mediante il linciaggio fondatore e la redazione di testi di persecuzione. Applicando questa tesi alla sua religione, Girard scopre che il NT è sovversivo in tal senso: la morte di Cristo è un sacrificio che però denuncia pienamente la crudeltà e l’inutilità del rito espiatorio, compiuto a spese di un Innocente. Per Girard il desiderio è una forma di rivalità mimetica. Infatti l’acquisizione è una forma di imitazione, come ogni condotta, ma la mimesi di appropriazione ha in sé rivalità e violenza, che portano alla morte, in questo caso del capro espiatorio. La mimesi di appropriazione fa combattere per il medesimo oggetto più soggetti e nasce quindi la mimesi dell’antagonista. Quando più persone, sostituendosi gli uni agli altri nel desiderio, di fatto desiderano la medesima cosa in concorso, allora si coalizzano contro chi, costituendosi come ostacolo, è responsabile della crisi. Eliminato l’ostacolo in forma di vittima sacrificale, il gruppo si compatta e ciò che prima era causa di divisione ora è causa di unione. La vittima è quindi maledetta e benedetta. Si noti come solo in una vittima non riconosciuta come tale questa cosa può accadere veramente e quindi questa teoria girardiana dà valore al concetto paolino del Cristo quale unico e vero sacrificio che dà compimento a quelli antichi, anche se quando Egli fu immolato nessuno era consapevole del reale valore della Sua Morte. Inoltre, Girard esprime la convinzione che la comunità, resasi conto del valore del sacrificio espiatorio, tende a replicarlo mediante dei riti sacrificali. Il mito è proprio la raffigurazione che i persecutori si fanno delle loro persecuzioni. Il meccanismo culturale permette agli uomini di operare tutte le loro discriminazioni. Il Cristianesimo invece è una religione senza sacrifici cruenti e per sua natura non discrimina ma riconcilia tutti gli uomini. La Scrittura infatti denuncia e smaschera questo meccanismo, sin dal suo inizio. Non a caso Caino è denunciato da Dio per il suo fratricidio e punito, ma Romolo no. Cristo è lo smascheratore supremo della natura ingannevole del meccanismo sacrificale, Egli che ordina di amare il nemico. Tuttavia il Cristianesimo non è pienamente privo di un elemento sacrificale e quindi sacralizza l’Apocalisse, la fine, occultando la crisi distruttiva che già l’uomo vive, nella mancanza già esistente di ogni altra risorsa sacrificale. L’ANTROPOLOGIA: JACQUES VIDAL Nacque a Montluc nel 1925. Studiò matematica a Tolosa dal 1944 e divenne francescano. Nel 1952 divenne prete. Proseguì gli studi a Fulda e a Lovanio orientandosi alla filosofia. Insegnò a Béziers, a Sigmaringen, a Bruxelles, all’Antonianum di Roma e a Parigi, presso l’Istituto di Scienza e Teologia delle Religioni, fondato da Daniélou. Nel 1975 ne divenne direttore per sei anni. Nel 1979 divenne Presidente del Comitato di Redazione del Dizionario delle Religioni dell’Università Cattolica di Lovanio. Nei suoi studi si occupò di simbolismo, di mitologia, di sacro, di homo religiosus. Si avvalse degli studi di Eliade e di Carl Gustav Jung (1875-1961), ma anche di Gaston Bachelard (1884-1962). Si interessò di matematica, filosofia, teologia, scienza e storia delle religioni, religioni comparate e dialogo interreligioso. Ebbe un metodo transdisciplinare. Il suo contributo maggiore l’ha dato alla comprensione del sacro e del simbolo quali motori della creatività dell’uomo. Per Vidal l’identità del simbolo e quella dell’esperienza religiosa sono correlate. Il simbolo aiuta l’uomo a trovare la sua strada in mezzo ai determinismi. Il simbolo guida all’incontro interreligioso perché mostra l’originalità di ognuna e la matrice comune immanente. Il simbolo infine riporta l’uomo alla sua dimensione corretta e creaturale all’interno del cosmo e verso Dio. L’uomo è religiosus e symbolicus. Vidal scrisse molte cose, tra cui Simboli e religioni, Tecnologia sacro e religioni, Sacro simbolo e creatività, La Chiesa e le religioni o il desiderio riorientato, Coscienza e metamorfosi dell’essere: yoga induismo e buddhismo. Morì nel 1987. Theorèin - Febbraio 2019 |